(02/2019 SOTTOTITOLI) S H R I M A T A J I N I R M A L A D E V I “Non c’è niente di cui discutere in Sahaja Yoga” Primo puja dell’India Tour Alibag, Maharashtra (India), 17 Dicembre 1989 Benvenuti a tutti. C’è stato un po’ di ritardo, ma proprio ora mi hanno informato che l’aereo è ancora molto più in ritardo; quindi ho pensato fosse meglio celebrare il puja adesso, anche se gli inglesi ci avevano detto che avrebbero voluto partecipare fin dall’inizio. Loro hanno sempre tanti altri puja, potrebbe essere questo il motivo. (Shri Mataji ride, risate) Ebbene, ora siamo arrivati tutti qui e stiamo per cominciare questo pellegrinaggio in cui viaggeremo insieme. Il viaggio è di natura molto sottile e, se ci rendiamo conto del perché siamo qui, capiremo che tutta questa creazione sta osservando tutti voi e sta cercando di aiutarvi ad ascendere, a sentire la vostra profondità e, così, a gioire del vostro Sé. Il viaggio potrebbe non essere molto confortevole. Le strade sono davvero piene di dossi per ridurre la velocità e (Shri Mataji ride) intralci di ogni genere. Ho avuto la sensazione che sia un viaggio simile alla nostra ascesa, nel senso che la nostra velocità deve essere ridotta. In Occidente siamo diventati molto veloci, senza dubbio, e per ridurre la velocità dobbiamo utilizzare il processo meditativo in modo da sentire la pace dentro di noi. Inoltre, i pensieri bombardano la nostra mente e noi reagiamo molto rapidamente agli altri e agli stessi pensieri. Occorre dunque essere consapevoli, occorre renderci conto di quel che accade dentro di voi, ossia che i pensieri vi bombardano; voi cercate di ascendere ma trovate molto difficile liberarvi dei pensieri. Il processo del pensiero può iniziare dai vostri condizionamenti o dal vostro ego: soltanto due problemi (Shri Mataji sorride, risate). E voi siete coloro che sono sotto questa sfida. Ebbene, qui avete questi semplici abitanti dei villaggi, che osservano tutto ma non reagiscono. Se non reagite, i vostri pensieri rimarranno sospesi. Quindi, per prima cosa dovreste osservare voi stessi e (vedere) che non reagite, bensì state sperimentando e godendo il silenzio, gli aspetti sottili, la bellezza, la gloria del vostro essere e qualsiasi cosa intorno a voi. Non dovete forzarvi ad infrangere questa abitudine, ma semplicemente essere vigili. Non è nemmeno necessario parlarne troppo, né pensare a qualcosa. Infatti, supponiamo che vediate un albero: è solo un albero, che c’è da pensarci? E qualsiasi cosa possiamo pensarne, resterà sempre un albero! (Risate) Quindi, non c’è niente di male nell’apparire un po’ stupidi, non ha importanza. Ma la cosa fondamentale è che quando ci mettiamo ad analizzare, ci roviniamo i nervi e ci avveleniamo la mente ed il cervello. Guardare le cose senza analizzare, senza pensarci, è la realtà. Se riuscite a raggiungere il punto in cui osservate ogni cosa senza reagire, siete nella realtà, e soltanto allora vi diviene evidente la penetrazione negli aspetti sottili del vostro ambiente circostante, delle vostre relazioni, delle vostre amicizie, dell’intero universo. Per questo ho detto che, in questo pellegrinaggio, la prima cosa da ricordare è che dobbiamo essere noi stessi consapevoli. Quando invece pensate solo agli altri, a come devono comportarsi gli altri: “Dovrebbero fare così!”… Lasciate che siano i vostri leader a rompersi la testa, non è compito vostro. Per loro è un grattacapo, lo so, ma devono farlo, va bene (risate). Ma perché volete rompervi voi la testa per niente? Quindi, giudicare gli altri, pensare agli altri, a quel che fanno, a quello che non va in loro, a qualsiasi cosa possiate ritenere sbagliata, non li correggerà. Conosco ad esempio alcune persone, specialmente burocrati, che viaggiando in macchina diranno: “Penso che questa strada sarebbe dovuta andare da questa parte”, oppure: “Penso che sarebbe stato bello se questa casa fosse stata esposta dall’altra parte”. Ma non è così, lo capite? Non sarà esposta in quel modo. Sarà così com’è: quindi a che serve sprecare il proprio cervello, la mente, i pensieri per dare dei suggerimenti che non funzionano e non funzioneranno mai? Quindi, quando si comincia a dire: “Penso che questi alberi sarebbero dovuti essere un po’ più alti”… ma non lo sono! “Penso che i corvi dovrebbero smettere di fare rumore”, ma non lo faranno. Quindi accettatelo. L’accettazione è ciò che ci permetterà di gioire. Ma accettazione non significa tolleranza, perché tolleranza significa doversi sforzare molto per accettare che gli alberi siano tutti della stessa altezza, che non possano crescere: questo è troppo per voi. È quando dite: “Devo tollerarlo, perché la mia mente non lo accetta”. Quindi accettazione, accettazione di tutto ciò che vedete, così com’è. Ed è così, ho visto, che crescono le persone che cominciano ad accettare. Quello è il segno. È il segno della loro forza e della loro profondità. Come la forma prosperosa di Madre Terra. Lei è ciò che è. E sopporta tutto quello che c’è. Se mettete su di lei qualcosa di pesante, lei impiegherà una forza uguale e contraria per sostenerlo. Non dice: “Lo tollero, sto facendo uno sforzo”. Lo accetta e basta. Ebbene, lo stato di testimonianza e la consapevolezza si sviluppano quando cominciamo ad accettare le cose così come sono. “Io penso” non funziona. “Io penso che sarebbe stato meglio così” non funziona. Poi, il secondo problema è “mi piace”. “Mi va di mangiare una torta”. Però non c’è nessuna torta: che fare dunque? (Risate, Shri Mataji ride) Qualsiasi cosa ci sia, apprezzatela come se fosse una torta. Ma se continuate a pensare: “Mi va tutto quello che non c’è”, non potrete mai essere felici, semplicissimo. Dovete dire: “Mi piace tutto quello che c’è. Gioisco di tutto quello che c’è”. Allora quella è la realtà. Se vi piace tutto quello che non c’è, cosa ci si può fare? Accade in tanti modi, in tanti aspetti della vita, che (alcuni) individui ne approfittino, perché noi diventiamo così vulnerabili alle nostre preferenze, che gli imprenditori prendono il controllo e creano preferenze nelle nostre teste, inculcando idee (nuove) ogni giorno. Adesso ho visto come fanno, attraverso la televisione, i giornali e altro. Così allora voi dite: “Ecco, mi piace questo”. Ma questa preferenza proviene da un condizionamento che vi è stato messo in testa. Quindi siete schiavi di quel condizionamento. “Mi piacciono solo le rose e nessun altro fiore”: ma perché? Perché non vi piace nessun altro fiore? E per cose simili, perdiamo la gioia di tutto ciò che abbiamo. La seconda parte dovrebbe dunque essere gioire di tutto. “Perché sono qui? Non è affatto un posto molto confortevole, perché allora sono qui?”. Per gioire gli uni degli altri. Per gioire del vostro stesso essere. Più avrete contrasti esteriori, confacenti al vostro ego e ai vostri condizionamenti, più la vostra mente sarà occupata in questo; e allora non riuscirete a gioire di nulla. Arriviamo così all’altro condizionamento, molto sottile: “io sono inglese”, o “io sono americano”, o perfino “io sono del Derbyshire”[1], oppure “sono di un’altra contea”; e quindi “è meglio formare un gruppo”. Allora ha inizio la formazione di gruppi. In senso sottile è una specie di insicurezza. Così cominciamo a creare associazioni. Gli animali lo fanno molto spesso, devono farlo perché il loro senso di insicurezza è molto forte. E lo fanno anche gli esseri umani; ma non i santi, non gli angeli. Loro non formano (gruppi), perché non hanno nazionalità. Anche la nazionalità è un condizionamento. Loro non appartengono a nessun luogo, a nessun paese. Ora, quelli che sono arrivati in aereo – hanno dovuto farlo, perché da ogni paese c’è un aereo con cui arrivare – devono rendersi conto di una cosa, e cioè che ormai siamo atterrati e qui siamo tutti sahaja yogi: dimenticate i vostri paesi. Dimenticateli e mescolatevi con gli altri. Per favore, non formate gruppi. Non c’è proprio nessun bisogno di formare gruppi. Pertanto vi chiederei di (iniziare) dagli autobus, in quanto già dall’aeroporto iniziate a formare gruppi e ciò continua fino alla fine, quando ripartite. Credo che sarebbe una bella idea infrangere questa (abitudine); e sedetevi vicino a persone di paesi diversi e di nazionalità diverse. Parlate insieme, cercate di conoscervi e di informarvi l’uno dell’altro; non solo di quello che sapete dai giornali, ma dei diversi problemi di Sahaja Yoga, di quali siano i problemi di Sahaja Yoga in un particolare paese, cosa succede in un particolare paese. Il peggiore di tutti è anche il condizionamento della lettura. Leggere senza luce è inutile, ma alcuni hanno ancora l’abitudine di ricordare qualcosa che hanno letto e farne sfoggio, come si dice. È meglio ascoltare gli altri. Fate parlare gli altri. In Sahaja Yoga, di quale argomento discuterete? Non so, come si può discutere di qualcosa? Insomma, voi vedete che questo è verde: che cosa c’è da discuterne? (Invece) direte: “Va bene, è verde, ma… c’è questo”. E poi un altro dice: “No, questo è verde, ma…”. Si può continuare così, insensatamente. Non c’è nessun bisogno di discutere in Sahaja Yoga. Non so proprio di cosa si abbia intenzione di discutere. Voi sapete tutto, sapete come la Kundalini ascenda, sapete come si puliscono i chakra, sapete come ottenete la realizzazione. Sapete tutti chi ha dei blocchi e quali, e ne conoscete gli effetti. Ora, se questa è la realtà, se questa è la verità, se è così, di cosa vogliamo discutere? Le discussioni ormai sono finite. Voi siete gnostici, siete persone che hanno la conoscenza. Avete la conoscenza. Ma la conoscenza che avete è condivisa da ognuno di voi. Al più, potete parlare delle vostre esperienze, potete parlare dei vostri rapporti, di quanto avete gioito. Ma non c’è niente di cui discutere in Sahaja Yoga. Ho sentito dire che c’è gente che discute. Non so veramente come si possa discutere di Sahaja Yoga. Sarei molto contenta di sapere, se potete dirmelo, come si possa discutere di Sahaja Yoga. Dobbiamo dunque ricordarci che, di qualsiasi cosa parliamo, dovremmo parlare delle nostre esperienze, della nostra gioia, della nostra felicità, di tutto. Ma senza discuterne e analizzare, perché questo ucciderebbe completamente la gioia. Non c’è gioia in questo. Discutere significa soltanto cercare di dimostrare che ne sapete più degli altri, o che potete fornire un’opinione differente. In Sahaja Yoga non esiste un’altra opinione. Se qualcuno ha un (blocco al) Nabhi ha un (blocco al) Nabhi, quale altra opinione si può avere? Allora finiamola con diversi tipi di dibattiti e discussioni e cose del genere. Può darsi che qualcuno vada fuori strada, può essere; ma sapete tutti che sta andando fuori strada, quindi a cosa serve discuterne? Sapete tutti che quel che dice è fuori strada, quindi è tutto a posto. Giungete a questa conclusione: “Sì, lo sappiamo, lo sappiamo, lo sappiamo”. Ma non è necessario discuterne. Quando lo sapete ed è nella vostra consapevolezza, se ne occuperà il Paramchaitanya e voi non dovrete preoccuparvi affatto di come correggerlo, di come sistemarlo, di cosa fare. Non è compito vostro. Lasciatelo semplicemente al Paramchaitanya e si risolverà. Siamo venuti qui perché questo paese è stato molto benedetto da tanti santi e yogi, e potete notarlo da come è la gente; ed è per questo che, nonostante tutta la povertà, nonostante tutti i tipi di scomodità e nonostante non abbiano conosciuto nessuna delle “grandi” cose dell’Occidente, non se ne preoccupano. Sono andata in Russia; naturalmente la Russia è stata straordinaria e in moltissimi hanno avuto la realizzazione. Ed ero davvero sorpresa di come queste persone fossero arrivate a Sahaja Yoga e lo avessero accettato. Ma una parte è stata molto strana, come quando abbiamo potuto osservare il comportamento della gente semplice. Quelli che non sono ancora abbastanza maturi di fatto non verranno in Sahaja Yoga, ma la differenza del loro carattere era davvero notevole. Infatti, durante un viaggio in taxi (in Russia, ndt), l’autista del taxi ha chiesto: “Avete una sigaretta Marlboro?”. Io ho risposto: “Che roba è? Non la conosco”. “Se ne avete una vi porteremo gratis, o vi faremo pagare pochissimo”. Ma un indiano non dirà mai una cosa del genere, lui non conosce tutte queste cose, non gli interessano. Al contrario, un autista di taxi indiano dirà: “Avete con voi una foto di Mataji?”. È una bella differenza! (Risate) In ogni aspetto ho notato un’altra…: ad esempio qui ci sono abitanti di villaggi che non sono sahaja yogi ma rispettano, hanno rispetto per i santi. Per loro i santi sono più importanti di qualsiasi altra cosa. Nessuno vi chiederà niente, mai. Anche se volete dar loro qualcosa, non l’accetteranno. Alcuni venditori potranno imbrogliarvi, ma non vi chiederanno mai: “Dammi questo, dammi quello”, non lo fanno. (Qualcuno ride) Così, penso ci sia una differenza fondamentale che dovremmo comprendere: il materialismo agisce molto più velocemente in Occidente che in India, molto più rapidamente. E occorre stare attenti a questo. Adesso vi sto portando a questo punto: ci stiamo perdendo nel materialismo? Naturalmente sapete che io amo fare acquisti, devo continuamente comprare, comprare, comprare, comprare. Compro cose per tutti voi e ho fatto acquisti, senza dubbio. Ma la differenza tra il mio modo di fare acquisti e quello di molti altri è che, se io vado a fare spese, andrò in un certo posto perché so che troverò cose molto migliori a molto meno. Saranno lì disponibili tutte le cose belle perché ci sono io, ne sono sicura; e tutte le cose di migliore qualità saranno disponibili molto agevolmente e potrò acquistare doni, perché ricorderò tutti coloro per i quali devo comprarli. Succede sempre così. Quando esco a fare spese, anche se devo far fronte a quattrocento persone, trovo sicuramente le cose. Per questo devo andare. Bene, se invece dovete andare voi, dovete pensare: “Cosa compreremo?”. Ho visto invariabilmente sahaja yogi comprare per lo più sempre cose per non sahaja yogi: “Compro per mia madre, per mia sorella che sono contro Sahaja Yoga”. Perché dovreste acquistare qualcosa per qualcuno che è contro Sahaja Yoga? Anche se fossero i vostri parenti più stretti, pensate che se lo meritino? Dobbiamo renderci conto che noi siamo un unico corpo e, come questa mano deve prendersi cura dell’altra, quando andiamo a fare spese o qualsiasi altra cosa, dovremmo sempre pensare a cosa compreremo per gli altri sahaja yogi. Naturalmente vi ho detto che, a meno che non si tratti di una vostra sorella rakhi o altro, non occorre fare regali. Ma le donne possono comprare per le donne e gli uomini per gli uomini. Capite soltanto una piccola cosa: la materia è un mezzo per esprimere il nostro amore, tutto qui. Non ha altri significati. Io non ci trovo nessun significato. Quindi, invece di comprare per … ho visto che quando le persone partono da qui, se ne vanno come mercanti. Ovviamente arrivate anche come mercanti, però in quel caso è qualcosa di dharmico. Ma quando ripartite da qui, ve ne andate come mercanti; e per chi fate acquisti? I vostri rapporti non sono più con nessun altro all’infuori dei sahaja yogi, e solo sahaja yogi. Che siano indiani, inglesi, cinesi, svizzeri, francesi, spagnoli, tedeschi, qualsiasi cosa possano credere di essere, sono sahaja yogi e sono nati nel territorio che chiamiamo Regno di Dio. Quindi, per favore, state attenti su questo punto. Oggi, essendo il primo giorno, volevo spiegarvi tutto in modo che vi ricordiate che siamo in un pellegrinaggio, e tutti noi dovremmo essere in grado di accrescere la nostra consapevolezza. Se non riuscite ad accrescere la vostra consapevolezza, è inutile. Quando comincerete a pensare così, sarete sorpresi di quanto guadagnerete e di quanto otterrete. Non ci sono cose da fare e da non fare in Sahaja Yoga, davvero, e non credo nemmeno che impartiamo molta disciplina, di nessun tipo. Ma è Sahaja Yoga che in un modo o in un altro vi disciplina, io non devo dirvi niente. È come il fuoco: se mettete la mano sul fuoco vi brucerà, che vi piaccia o no. Allo stesso modo, se fate qualcosa a-sahaj[2], dovrete pagare per questo. Voi sapete per certo che non volete perdere le vibrazioni, che non volete diventare infelici. Ma questa volta, con una comprensione ed una riverenza molto più profondi nei confronti del vostro Sé e della vostra ascesa, dovete assumere un atteggiamento molto gioioso e serio. Sono sicura che questa volta tutti sarete in gioia con il vostro Sé. Che Dio vi benedica. [1] Nome di una contea dell’Inghilterra. [2] Non sahaj, contrario a sahaj. |
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