Guru Puja, Distacco, silenzio, fede

(Francia)

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(07/2022 SOTTOTITOLI, TRADUZIONE VERIFICATA)

SHRI MATAJI NIRMALA DEVI

Guru puja

Distacco, silenzio, fede”

Avignone (Francia), 8 Luglio 1990





In Sahaja Yoga il puja al Guru ha un significato molto diverso da qualunque altro puja ad un guru.

Quando adorate il vostro Guru, (infatti) adorate anche il Guru dentro di voi.

Questo non accade in nessun’altra relazione guru-discepolo poiché in voi il Guru, il Maestro, è stato risvegliato e quindi, quando venerate il vostro Guru, viene venerato anche il Maestro dentro di voi: lo onorate, lo glorificate, lo risvegliate e lo manifestate. In Sahaja Yoga occorre capirlo, se si è sahaja yogi.

La qualità fondamentale di un Guru è che vi fa incontrare Dio, risveglia cioè la Kundalini e stabilizza la relazione con l’Energia Onnipervadente. E, poiché il vostro Guru è l’Adi Shakti, vi fa incontrare anche l’Adi Shakti.

Si ha dunque un doppio vantaggio, vale a dire che, dando la realizzazione a qualcuno, non solo gli si fa percepire l’unione con l’Energia Divina ma gli si permette contemporaneamente anche di incontrare la Divinità stessa, la fonte dell’Energia Divina.

Pertanto, la vostra responsabilità come sahaja yogi è molto grande, poiché in voi risiede il Guru.

Ora, nei nostri mantra diciamo: “Madre, io sono il mio guru”. Ma, se “io sono il mio guru”, nel dirlo, ci rendiamo veramente conto di quale di questi due aspetti ho realizzato tra questo “io” e “il mio guru”? A che punto sono? Sono in grado di guidare me stesso?

Ho la luce dello Spirito così ben stabilizzata e manifesta nella mia attenzione da poter guidare me stesso e poi gli altri?

Prima di tutto, nel principio del Guru è importante osservare se stessi, è importante l’introspezione: so essere il guru di me stesso? Sono diventato il guru di me stesso?

Ora, nel vostro caso, il vostro Guru è una Madre, una donna, quindi tra le donne devono manifestarsi perfettamente le qualità di guru. Ma per ora non è così.

Loro sono ancora (identificate con il ruolo di) madri, mogli o sahaja yogini, ma non si rendono conto di essere anche guru.

E poiché vostra Madre è un Guru, poiché Lei è una donna, anche voi dovete avere quelle qualità che inducano la gente a dire: “Guarda che grande guru è questa donna”.

Invece, come mi è stato riferito dai vari leader, le signore sono ancora decisamente molto lontane da questo stato e sono pochissime quelle che possono essere definite vere sahaja yogini. È triste sentirlo dire.

Questo perché se conservano ancora gli aspetti mondani e i lati negativi della femminilità – frutto forse dell’oppressione, in quanto sono state sempre mostrate come qualcosa di inferiore, specialmente nella religione cristiana dove non sono mai state considerate qualcosa di sacro – le donne hanno questa sfiducia in se stesse per cui non capiscono che il dharma può essere stabilizzato più dalle donne che dagli uomini.

E il compito del Guru è di instaurare il dharma nella società, nella famiglia, nelle relazioni. Tutti i Guru che rappresentano questi grandi simboli (raffigurati sullo sfondo del palco, ndt), non hanno fatto nient’altro se non instaurare il dharma.

Prima di tutto, però, prima di stabilire il dharma dovremmo osservare se abbiamo il dharma in noi oppure no.

La prima qualità di una persona dotata di dharma è che dà ascolto agli altri, obbedisce.

E ritengo che questo sia andato storto nelle donne occidentali, in quanto hanno dimenticato come dare ascolto agli altri, come obbedire.

Per questo motivo non vengono obbedite neppure dai figli. Se non avete il senso dell’obbedienza, nessuno vi obbedirà. Per prima cosa dovete imparare ad obbedire.

Una persona come Kabir, essendo nato in una casta sconosciuta – nessuno sapeva da chi fosse nato – non poteva presentarsi direttamente da nessun guru. Ebbene, sentì parlare di Ramananda1 – un grande guru di quel tempo che si recava ogni mattina al Gange per fare il bagno – e così un giorno si distese sui gradini lungo il suo percorso abituale. Nell’oscurità il guru non poteva vedere e lo toccò con i piedi. Chiese: “Chi sei?”. Lui rispose: “Sono Kabir e sono tuo discepolo”, e gli afferrò i piedi. E quando gli afferrò i piedi il guru disse: “Va bene, vieni”.

Diventò poi un santo così illustre che ormai in India è conosciuto più del suo guru, tanto divenne grandioso.

L’aspetto fondamentale è l’umiltà. Ieri avete visto come sia stato umile il musicista (Nishat Khan); è stato umile per tutto il tempo, non sapeva come esprimere in ogni momento la sua umiltà. È stato sempre umile. Infatti solo con l’umiltà si possono ricevere le benedizioni, si può ricevere la qualità propria del vostro Guru.

Per diventare un guru, come avete visto, dovete crescere a mia immagine e somiglianza. Come prima cosa la vostra vita dovrebbe essere assolutamente trasparente. La trasparenza è l’essenza di Sahaja Yoga. Tutti dovrebbero sapere cosa fate, dove andate, come vivete, come vi comportate.

Ho visto dei guru, anche nel senso di quelli che noi chiamiamo leader o sotto-guru – non possono essere definiti sacerdoti, ma piuttosto centri di comunicazione, come di fatto sono – tra i quali si trovano persone molto difficili: stanno sempre a pensare al loro corpo, alle loro comodità, sempre a brontolare che nessuno si è occupato di loro, come se soffrissero di mania di persecuzione.

Oppure si lagnano del cibo: “Non ho mangiato nulla per tutto il giorno”.

Non ha importanza! Per un guru è meglio digiunare tranquillamente per tre o quattro giorni, così supererà l’idea della fame.

Vi sorprenderà ma, da quando sono qui, io non ho mangiato praticamente nulla, ho soltanto bevuto qualcosa perché il guru non ha fame. Infatti nello stomaco del guru le vibrazioni sono tante che non si sente il desiderio di mangiare nulla. Arrivando in Sahaja Yoga ci siamo liberati di cosa e come mangiare e tutto il resto.

Quindi, se persino i leader hanno in testa queste assurdità riguardo a cosa mangiare… Insomma, queste sono proprio le basi!

E quando sento alcuni raccontarmi cos’hanno mangiato, come hanno mangiato, mi sembrano dei turisti in Sahaja Yoga. Vengono in Sahaja Yoga proprio come turisti, per visitare dei luoghi, per andare in giro e sapere in quale ristorante mangiare bene e a poco prezzo.

Tutto questo è molto terra terra, non è di sicuro una manifestazione del principio del Guru.

Voi ormai avete visto com’è il vostro Guru. Io non so cosa mangio, cosa mi portano, cosa mi va. Mi danno sempre tutto quello che secondo loro mi piace ma io proprio non so se quella cosa mi piaccia o no, né cosa sia. Se mi chiedono: “Madre, cosa gradirebbe mangiare?”, io rispondo: “Cosa mi andrebbe? Proprio non lo so cosa mi andrebbe. Qualsiasi cosa”.

Insomma, non si devono fare scelte (in fatto di cibo). Come prima cosa non sprecate l’attenzione sulle scelte ma tenetela, ovviamente, soltanto sulle vibrazioni.

Se andate al ristorante e trovate strane vibrazioni di ogni genere, gente che si ubriaca o altro, allora ovviamente dovreste dirlo. Ma tutte le scelte devono avvenire in base alle vibrazioni e non a motivazioni materiali per cui, se in un certo posto si mangia bene, si percorreranno cinquanta miglia per andare fin laggiù a mangiare qualcosa senza senso. Dovrebbe essere totalmente assurdo per tutti i sahaja yogi. E quando dico sahaja yogi intendo anche sahaja yogini. Il cibo è aswadha2. Non dovreste prediligere nessun cibo in particolare.

Dire queste cose, specialmente in Francia, può non essere gradito. I francesi sono molto meticolosi e attenti per ciò che riguarda il cibo; non so fino a che punto cucinino davvero bene, ma di sicuro sono convinti di mangiare dell’ottimo cibo.

Mangiare del buon cibo è una specie di dipendenza. È una sorta di dipendenza, è qualcosa di simile ad una droga il dover mangiare cibo buono.

Lo Zen ha introdotto quella che viene chiamata la cerimonia del tè. Nella cerimonia del tè, quel che facevano… io l’ho sperimentata ed è proprio un test per le persone.

Per me andava bene, ma altri si sono davvero spaventati. Infatti, nella cerimonia del tè, qualsiasi rituale eseguano, vi offrono del tè amaro come il chinino elevato alla centottesima potenza. È così. E ve lo offrono con grande garbo, trattandovi con un cerimoniale tale per cui siete costretti ad accettarlo.

Prima vi dicono di guardare la tazza senza pensare, così cercano di indurre la consapevolezza senza pensieri mediante la tazza – non so quanto possano riuscirci – ma, dopo avere assaggiato quel tè, alla vostra lingua andrà bene tutto (risate, Shri Mataji ride). E, per compensare, vi danno qualcosa di dolce – anche questo alla centottesima potenza – così dolce che diventa amaro. Dolcissimo.

Insomma, per vincere il palato lo Zen deve aver pensato: meglio ideare questa cerimonia del tè dove non c’è nessun tè, non c’è niente, ma si provoca un tale shock alla lingua che, dopo, si è in grado di mangiare tutto ciò che capita. E dovete sapere che è questo il motivo per cui i giapponesi possono mangiare di tutto.

Hanno risolto i loro problemi alimentari perché possono mangiare qualunque cosa. Possono pescare granchi o gamberi, sgusciarli e mangiarli come noccioline.

Ritengo che lo Zen abbia risolto il problema del cibo poiché, avendo carenza di cibo, in questo modo possono mangiare di tutto: possono mangiare la corteccia degli alberi, serpenti, lucertole, rane, possono mangiare qualsiasi cosa. Insomma, in quel paese penso abbiano risolto tutti i problemi alimentari con lo Zen, poiché non hanno più il senso del gusto.

In questo campo ritengo però che i peggiori al mondo siano gli indiani. Sono i più esigenti con il cibo poiché le loro donne li hanno viziati. Esse sanno cucinare molto bene e sanno come gestire i mariti cucinando benissimo.

Cucinano in modo tale che gli uomini devono tornare sempre al cibo indiano. Anche se viaggiano in tutto il mondo hanno bisogno del cibo indiano, non riescono ad aver ragione del proprio palato.

In India, il condizionamento del cibo è tale che proprio non so come ne usciranno. Sono fondamenti assolutamente importanti.

Gandhiji ci ha provato tanto nel suo ashram. (Shri Mataji ride) Distribuiva dell’orribile cibo bollito con sopra olio di mostarda e nessuno riusciva a mangiarlo. Crudo! E lo faceva mangiare a tutti.

Non solo, faceva pulire i bagni, i gabinetti, qualsiasi cosa, affinché ci si sbarazzasse anche dell’olfatto, dato che si sente la necessità di annusare ogni cosa. Infatti tanta gente, in India, anche mentre mangia si porta le cose al naso e annusa tutto.

Sono estremamente sensibili per quanto riguarda la lingua e il naso, ma non per quanto riguarda gli occhi. Per gli occhi non lo sono.

Per quanto riguarda gli occhi direi che i più sensibili sono i giapponesi e i cinesi. Anche gli occidentali sono molto sensibili poiché non amano vedere niente di sporco, di sudicio, di sgradevole.

Gli indiani non fanno caso alla sporcizia, al sudiciume e altro, proprio come i cani, i cavalli o i bufali. Loro possono camminare in mezzo a qualsiasi sporcizia o sudiciume, qualsiasi cosa. A loro non importa nulla se qualcosa è brutto, se un edificio è brutto, se un vestito è brutto, per loro va tutto bene. Non ha importanza; ai loro occhi non ha nessuna importanza. Basta che sia pulita la cucina dato che stanno sempre in cucina.

Quindi non dobbiamo imparare tutte queste cose negative dagli indiani. Hanno alcune cose buone ma ne esistono altre che sono proprio pessimi condizionamenti.

Subito dopo vengono i francesi, penso. Se invece si mangia cibo inglese si può diventare quasi perfetti perché il cibo inglese non ha nessun sapore (risate e applausi).

Ad ogni modo, io non ho problemi in nessun luogo poiché credo di non avere affatto il senso del gusto e posso mangiare qualsiasi cosa; in qualsiasi modo sia cucinata va bene, non mi preoccupo di cosa sia stato o non sia stato cucinato.

Se invece andate a cena in un ristorante con dei francesi, impiegheranno quarantacinque minuti per decidere cosa mangiare. Che spreco di energie! Quarantacinque minuti solo per decidere cosa mangiare. Dopo tutto che c’è di tanto straordinario in quello che si mangerà? È tutto lì. Dovrebbero prendere tutti la stessa cosa. Per i sahaja yogi è importante abolire questa idea di scegliere.

Come prima cosa, nessuno dovrebbe chiedere: “Cosa vuoi mangiare?”. Neanche a me. Non mi va che la gente mi domandi: “Cosa gradirebbe?”, perché devo pensarci mentre desidero rimanere in Nirvichara (risate e applausi). Insomma, questa è una prova ardua: non comprendiamo quanto siamo attaccati al cibo. E il cibo scende nello stomaco e non solo danneggia il nostro sistema di guru, ma anche il nostro sistema fisico.

Dovremmo cercare quindi di non dare importanza al cibo. È il motivo per cui era consigliato il digiuno a tutti coloro che volevano sviluppare il proprio Gurupada (status di Guru). Ma solitamente non digiunano perché pensano al cibo, quindi non vi è alcun digiuno! Voglio dire che digiunare significa entrare in Nirvichara e non pensare al cibo. Se invece si pensa tutto il tempo al cibo non ha senso, mangiare o no è proprio lo stesso poiché la mente mangia in continuazione (col pensiero). E poi vi mettete a pensare: “Quando terminerò il digiuno dove andrò a mangiare? E cosa mangerò?”.

Insomma, questo è assolutamente elementare: dovremmo liberarci delle nostre abitudini, dei nostri condizionamenti riguardo a quel che ci va e a quel che mangeremo.

Anche ai nostri figli dovremmo impartire un’educazione corretta su questo. D’accordo, qualche volta manca il sale, qualche volta lo zucchero, non importa; qualche volta non c’è niente, non fa niente lo stesso.

Nulla è importante per un sahaja yogi. Voi potete vivere senza mangiare per giorni, senza problemi. Per un sahaja yogi non esistono il sapore del cibo e la fame. Esiste una sola fame: quella di essere purificati, di essere puri. Una delle cose che contamina la nostra mente è il fatto di pensare continuamente al cibo.

Persino (quando sono stata) in Russia ho scoperto che avevano portato tutto cibo indiano: cucinavano solo cose indiane perché (secondo loro) io, poverina, (diversamente) non avrei potuto mangiare nulla. Così hanno cucinato, hanno portato tutto cibo indiano per me pensando che sono indiana; ma non sanno che io sono Zen. Io non posso, non ho il senso del gusto.

Quindi occorre lavorarci per vincere il senso del gusto. È un esperimento da fare su noi stessi. Se non facciamo introspezione ed esperimenti, non possiamo ascendere.

Infatti, i vostri condizionamenti sono talmente forti che la Kundalini, sebbene faccia del suo meglio, non riesce a passare e non può portarvi al livello di Guru.

Se osservate la loro vita, tutti i Guru erano sposati, avevano dei figli, conducevano una vita normale ma, nella loro vita personale, erano assolutamente distaccati.

Il primo distacco dovrebbe essere dunque dal cibo. Se vi piace qualcosa non mangiatelo. Questo è il metodo migliore poiché, già a causa delle preferenze… Se a qualcuno piace molto il gelato si sarà già rovinato il fegato: quindi ora smettete di mangiarlo.

Se vi piace la pasta, rinunciate alla pasta. Qualunque altra cosa vi piaccia, rinunciateci, non chiedetela e non mangiatela proprio. In questo modo la vostra mente se ne distaccherà un poco.

Ritengo sia molto facile acquisire questo distacco se ci lavorate con saggezza. Provate a penalizzare il vostro corpo.

Sapete, se siete il guru di voi stessi, fareste bene ad avere il controllo soprattutto del vostro corpo e dei condizionamenti. Dovete trattare così il vostro corpo.

Mi è stato detto che molte ragazze (indiane) sposate all’estero, ancora preparano e mangiano cibo indiano. È terribile. Dovrebbero digiunare. Se digiunassero per cinque, sei o magari otto giorni poi mangerebbero qualunque cibo. Ecco perché si prescrive il digiuno.

Ci si dovrebbe adattare a qualunque cibo si possa avere; e se si vuole sopravvivere si mangia qualsiasi cosa. Quindi prefiggetevi l’obiettivo di liberarvi di questo condizionamento molto elementare di voler mangiare soltanto ciò che vi piace e niente altro.

Mi chiedo come si possa chiamare sahaja yogini o sahaja yogi chi non riesce a liberarsi di queste sciocchezze. Non so. È del tutto a-sahaj.

L’altro giorno ho incontrato una signora e le ho chiesto: “Che succede, dove sei stata?”. “Sono andata a cercare un ingrediente indiano”. Ed io: “Ma come puoi trovarlo qui in Spagna? Non puoi! E poi perché?”. “Mi hanno chiesto di cucinare cibo indiano”. “Va bene, e senza questa spezia non puoi preparare cibo indiano? Che bisogno c’è di correre tutto il giorno per una inezia chiamata hing (assafetida, ndt)?”. Un nome altisonante per una cosa così insignificante. E per procurarsela ha dovuto correre dappertutto!

Un sahaja yogi – se è un sahaja yogi – può preparare e mangiare qualcosa di buono con qualsiasi cosa abbia a disposizione.

Questo cosa dimostra? Dimostra ingegnosità, dimostra trupti, (soddisfazione), dimostra la vostra soddisfazione. Ed una delle caratteristiche di un guru è di essere un’anima soddisfatta. Egli è soddisfatto interiormente, non si preoccupa.

Alcuni, specialmente in Occidente, grazie a Dio non sono così viziati dalle mogli; loro non hanno così tanti condizionamenti, possono mangiare di tutto.

Ho visto che quando sono venuti al tour in India, molti indiani hanno detto: “È stato servito del cibo orribile e loro, poveretti, hanno mangiato quel cibo orribile”.

Quando però ho chiesto agli occidentali: “Quale posto vi è piaciuto di più?”. Hanno risposto Brahmapuri. Ho esclamato: “Come? Mi hanno detto che a Brahmapuri c’è stato il cibo peggiore e tutti si sono lamentati”. “No, no, Brahmapuri è stato il posto migliore perché abbiamo potuto fare il bagno nel fiume, abbiamo potuto cantare e siamo riusciti a gioire di tutto”. Vedete, questo significa essersi liberati delle cattive abitudini riguardo al cibo.

Ora, il secondo aspetto è che avete bisogno di comodità per il corpo.

Devo congratularmi con i sahaja yogi occidentali che, a qualsiasi estrazione sociale appartengano – devo dire che gli indiani devono imparare da loro – a qualunque posizione o livello sociale appartengano, quando viaggiano nel tour gioiscono tutti del benessere dello Spirito. Non dicono: “Non ho una sedia, non ho un letto, qui non ho cose adeguate”.

In questo modo vi renderete conto che le comodità fisiche non hanno importanza. Il fatto è che abbiamo proprio viziato il nostro corpo, ma non è necessario, non occorre. Ovunque lo mettiate, il vostro corpo dormirà in ogni caso. Se non riuscite a dormire per due notti, bene, mettete un po’ di musica per una notte o due, come abbiamo fatto qui, e dormirete comunque (risate e applausi poiché tutti si erano addormentati durante l’esecuzione di Nishat Khan, la sera precedente).

Il secondo punto, dunque, è che dobbiamo rinunciare alle comodità fisiche.

Ma il terzo punto, nel quale ritengo gli occidentali vacillino, è l’attitudine materialistica. L’attitudine materialistica e l’attitudine dei loro occhi. E la seconda è la peggiore. Intendo che la cosa peggiore in assoluto, che non potete mai avere – averla è una gravissima macchia – è avere occhi erranti (per guardare donne o uomini, ndt) e cose simili.

È fuori discussione. È fuori discussione, per le donne come per gli uomini. Chi è così non è affatto un sahaja yogi. I sahaja yogi devono avere occhi molto puri, e questo aspetto è a posto. Il secondo aspetto è l’avidità. Lussuria e avidità.

È certamente possibile che, con Sahaja Yoga, la parte relativa alla lussuria sia superata, ma l’avidità persiste e molti si perdono.

Direi che gli indiani non hanno problemi di lussuria, ma hanno ancora avidità, problemi di avidità; nel senso che vogliono sempre comprare, devono sempre comprare qualcosa come una radio o qualche apparecchio elettrico. Se vanno all’estero devono comprare qualcosa. D’accordo, se si trova va bene, ma se non si trova va bene lo stesso: dovrebbe essere questa l’attitudine.

Un occidentale, invece, non rinuncerebbe mai ad un mobile appartenuto alla bisnonna, neppure se non ci si può sedere per quanto è vecchio: se ci si siede andrà in pezzi.

Ma deve tenerlo per sfoggiarlo: “Avevo una bisnonna che mi ha regalato questa sedia unica”. Secondo gli standard indiani è un rottame, soltanto un rottame. Infatti non serve a niente, si mette nel soggiorno ma nessuno ci si può sedere e ha proprio l’aspetto di un rottame.

Tuttavia, secondo la mentalità occidentale, più le cose sono vecchie meglio è, che siano ferrivecchi o altro avranno tanti rottami in casa e andranno a ruba.

Questo perché esiste una sottilissima attitudine utilitaristica nei confronti della materia: “Se la vendo andrà a ruba”. Infatti ci sarà sicuramente un altro pazzo occidentale desideroso di comprare quel rottame. Capite?

Meglio dunque liberarsi di questo vecchiume che avete in casa, perché Dio solo sa quanta gente debba averla usata. È come avere una tomba in casa; è una tomba.

Lo stesso vale per i gioielli antichi. I gioielli antichi sono un’altra pazzia. Per gli occidentali l’antiquariato è una mania, diciamo, una dipendenza.

Per noi nulla è antico perché tuttora produciamo oggetti della tradizione, oggetti bellissimi. Gli indiani non capiscono il valore degli oggetti antichi, non capiscono per quale motivo certa gente vada matta per roba strappata, rotta, sporca, lurida. Ma la mente occidentale è stata educata così.

In questi oggetti antichi ho visto… Una volta sono stata a casa di una persona che mi fece il grande onore di farmi accomodare su una sedia. Appena mi misi a sedere pensai che mi stessero mordendo serpenti e scorpioni.

Mi alzai spaventata dicendo: “Che cos’è?”. E lui: “Questa sedia era della mia trisavola. Ce l’ha lasciata in eredità”.

Ed io: “Potrebbe rompersi, meglio che mi sieda da un’altra parte (risate)”.

Insomma, questa pazzia dell’antiquariato è così diffusa che è incredibile come la gente ci caschi. C’è una storiella divertente. In India c’è uno scrittore straordinario di nome Premchand, il quale ha scritto la storia di due inglesi che stavano percorrendo la strada per Benares, quando vennero colpiti da un lota (bacinella di metallo), uno di quelli che si usano in bagno, che cadde sui loro piedi. Cadde sui loro piedi e lui (Premchand) dice scherzosamente: “Sui piedi sui quali cadono tutti i burocrati”, intendendo che tutti i burocrati indiani a quel tempo cadevano ai piedi degli inglesi. Così ci fece una battuta di spirito.

Comunque sia, gli inglesi, vedendo quell’oggetto, si adirarono moltissimo e volevano rivolgersi subito alla giustizia: “Dovete venire in tribunale, dovete venire alla polizia e riferiremo come questa bacinella sia caduta e ci abbia colpito” e via dicendo.

C’era lì un uomo sveglio, conoscitore della mentalità inglese e occidentale, il quale disse: “Signori, sapete, questa bacinella è di grande valore”. E quelli: “Perché?”. “Perché è stata usata da Akbar il Grande; è molto antica”. E loro: “Davvero?”. “Sì, sì, sapete, non discutete con loro, ma chiedete loro questo lota”. E poi disse agli indiani nella loro lingua: “Li ho raggirati dicendo che la bacinella è appartenuta ad Akbar; voi dovete prendere questa bacinella e servirvene per turlupinarli”.

Allora, gli inglesi dissero: “E va bene, vi perdoneremo, non vi trascineremo in tribunale né altrove, però dateci questa bacinella”. E quelli: “No, non possiamo”. E gli inglesi: “Perché?”. “Perché è un pezzo molto antico”.

In India non troverete mai nessuno che abbia considerazione per i pezzi antichi; specialmente a Benares non interessano a nessuno (risate). E quelli: “Davvero?”. “Sì, davvero, sapete, è appartenuta ad Akbar. Un mio antenato lavorò al suo servizio così lui gli donò questa bacinella; non possiamo darvela, ci dispiace”.

E quelli: “No, no, no, per favore datecela e non vi porteremo dalla polizia. D’accordo, fateci un prezzo, pagheremo qualsiasi somma”.

A quei tempi pagarono mille rupie che equivalgono ad un crore (dieci milioni di rupie = circa 123.000 Euro), mi pare. E gliela diedero. Quegli inglesi pagarono e acquistarono quella bacinella che nulla aveva a che fare con Akbar né con altri. (Risate)

Insomma, questa pazzia per le cose antiche deve scomparire dalla nostra mente. È una cosa talmente insita in noi che si parla sempre di antiquariato. Forse perché, a causa delle guerre, tutto è stato distrutto e tutto ciò che esisteva nell’antichità era molto bello e pregiato mentre adesso non si producono cose di grande qualità, forse è questo il motivo.

Adesso però si stanno producendo cose belle, siamo in grado di produrle. In Inghilterra, mi sono stupita di come gli antichi mestieri stiano tornando in auge. Ovunque io vada rinascono gli antichi mestieri.

Dare importanza all’antiquariato significa impedire il ritorno degli antichi mestieri. Infatti si paga tantissimo per gli oggetti antichi, mentre le stesse cose fatte oggi non costano altrettanto. Questo, la pazzia per l’antiquariato, ha danneggiato la nostra creatività, ha danneggiato il nostro artigianato, ritengo abbia danneggiato la qualità della nostra vita. Pertanto, anche questa idea che ogni oggetto antico sia pregiato, dovrebbe sparire dalla vostra testa.

È un valore molto superficiale, a ben vedere. La gente pensa che gli oggetti d’antiquariato siano costosi. È semplicemente una strategia di mercato far pensare che un oggetto molto costoso sia importante, che sia qualcosa di straordinario indossare qualche oggetto stupido e sfoggiarlo dicendo che è un gioiello antico.

Insomma, solo Dio sa quanta gente debba averlo usato e indossato, e quali dovessero essere i sentimenti di quelle persone.

Dobbiamo capire che questo condizionamento che abbiamo in testa di dover avere qualcosa di antico, qualcosa di un certo valore… insomma, non è mai accaduto prima, non è scritto in nessun libro.

In nessun libro di nessun guru è scritto di interessarsi agli oggetti d’antiquariato. Loro hanno prescritto di non bere, di non fumare e di non fare tutte le altre cose che danneggiano il Nabhi. Hanno scritto tutte queste cose, ma non hanno mai scritto di interessarsi tanto all’antiquariato.

Ritengo sia una mania dei tempi moderni, quindi dobbiamo dire alla gente di stare attenta. Inoltre ho la sensazione che molte persone si siano rivolte alle droghe perché forse usavano molte cose antiche e i bhut di un oggetto antico devono averle attaccate.

Non riesco a capire per quale motivo ci sia gente malinconica, che si lamenta e piange di continuo e via dicendo.

Insomma, occorre assolutamente eliminare i condizionamenti e le nostre opinioni in merito a queste cose materiali.

Naturalmente, si deve riconoscere che in certi paesi furono realizzati oggetti antichi belli e piacevoli. Ma non si deve dare importanza a qualcosa solo perché è antico, bensì per il suo intrinseco valore estetico, allora va bene.

Prima di tutto però occorre sentire le vibrazioni di ogni cosa. Se le vibrazioni sono buone dovreste accettarla, altrimenti no; noi infatti abbiamo il linguaggio delle vibrazioni e dobbiamo usare il linguaggio delle vibrazioni. Quando comincerete ad usarlo, sarete sorpresi di come avrete il quadro completo di quel che va fatto.

Per il nostro corpo è dunque fondamentale liberarsi anche di questi tre condizionamenti.

E la cosa peggiore per un sahaja yogi è pensare di essere ammalato. È come macchiare il nome di Sahaja Yoga. Se ancora pensate di essere ammalati fareste meglio ad uscire da Sahaja Yoga. Infatti, o state bene o non siete sahaja yogi: una delle due.

Se siete sahaja yogi dovete fare in modo di star bene; e se anche ci sono dei problemi non ha importanza.

Io, ad esempio, so di avere certi problemi a causa di Sahaja Yoga, a causa della mia posizione di Madre, della mia posizione di Adi Shakti. Devo affrontare alcuni problemi fisici, devo affrontare il lavoro sul sistema nervoso parasimpatico, ma lo affronto, lo accetto.

Voi dovete accettare il vostro corpo così com’è. E non dovete dire: “Non sto bene… Ho qualcosa che non va…”, e lamentarvi continuamente come una vecchia decrepita.

Innanzitutto, non pensate mai di essere vecchi. Non pensate mai di essere diventati vecchi o inutili.

Guardate vostra Madre: io non penso mai così. Ieri metà di voi dormiva mentre io ero ancora sveglia e ascoltavo la musica, e oggi sono di nuovo qui ben sveglia.

Se avete un Guru, la sua immagine dovrebbe accompagnarvi: “Guarda Madre, Lei, così anziana, quanto viaggia! Quante cose fa!”. Certo, potreste dire: “Ma Lei è l’Adi Shakti”. Anche voi però avete un po’ di shakti e questa shakti deve essere resa evidente dal vostro totale dinamismo.

Se mancate di dinamismo e vi sentite ancora molto deboli, significa che non siete sahaja yogi. Quindi chiedete, chiedete tutta l’energia: può arrivarvi. Dovrebbe esserci questo dinamismo.

E, in merito al vostro fisico, vorrei dirvi che dovete rendervi conto che siete tutti ringiovaniti e state diventando sempre più giovani, ma non con la frivolezza della gioventù, bensì con la gravità, con la gravità dell’età.

Di fatto ho visto che i bambini nati realizzati sono dotati di grande gravità, non faranno nulla che non sia dignitoso e non li ho mai, mai sentiti fare pettegolezzi.

Le sahaja yogini hanno la brutta abitudine di parlare, chiacchierare fra loro. È una pessima abitudine che dimostra quanto siano ancora carenti. Non basta indossare un sari o un bindi per diventare sahaja yogini.

Innanzitutto, che cos’è la gravità?

Dovreste parlare solo quando è necessario.

Ho visto che questi sahaja yogi, bambini nati realizzati, stanno compostamente davanti a me e dicono pochissime parole, ma parole bellissime! E dicono cose che si possono ricordare sempre.

Loro non sprecano tutto in continuazione e sono estremamente obbedienti. Si deve dunque imparare da loro (e chiedersi): “Esprimiamo anche noi, come questi bambini nati realizzati, il principio del Guru? Oppure stiamo facendo qualcosa che non va bene per la nostra ascesa?”.

Se, anche dopo essere venuti in Sahaja Yoga, non vi sforzate di fare introspezione, non avete afferrato il punto essenziale, quello cioè di paragonarvi sempre con il vostro Guru.

Inoltre, tutto deve essere compreso nella giusta prospettiva di sahaja yogi.

Per un sahaja yogi, la cosa fondamentale è che, per prima cosa deve provare amore per gli altri, non per se stesso.

Se state sempre a preoccuparvi di voi stessi: “Il mio corpo è così… questa mia cosa è così… devo far questo e quello”, non amate gli altri.

Ma al benessere degli altri ci pensate? Sentite la compassione per gli altri sahaja yogi? Vi chiedete: “Cosa devo portare per loro? Di cosa hanno bisogno?”. Lo fate? Fate di tutto per aiutarli? I sahaja yogi vengono prima di tutto.

I sahaja yogi sono qualcosa di diverso.

Ho visto molti sahaja yogi prendere le parti di non sahaja yogi e provare a sminuire i sahaja yogi. È una cosa molto sbagliata.

Voi appartenete a questa nuova stirpe. E se chi non appartiene a questa nuova stirpe attacca i sahaja yogi, che sono le vostre mani, i vostri piedi, la vostra testa, è vostro dovere sostenere i sahaja yogi invece di aiutare gli altri.

Può essere che ci sia qualcosa che non va in quella persona (il sahaja yogi): non ha importanza. In quel frangente non dovreste mostrare imparzialità: dovreste sostenere in tutto e per tutto il sahaja yogi. Dopo potrete correggerlo dicendogli: “Non avresti dovuto comportarti così! È sbagliato”.

Questa dignità e questa comprensione subentrano solo con il silenzio. Ma se state sempre a spettegolare, a blaterare, questo mai e poi mai potrà rendervi persone più profonde. Sfarfallerete sempre per aria, così facendo.

Per le donne ora la miglior cosa è adottare mauna, cioè restare zitte, stare proprio zitte. Invece vogliono parlare sempre.

Ho sentito dire da tutti i leader che questo è un grosso problema con le donne. Stanno sempre a fare dicerie, pettegolezzi. Ma se le si invita a venire a parlare (di Sahaja Yoga), si metteranno a tremare.

Quante donne sono in grado di tenere un discorso? Se vi rendete conto di non essere in grado di fare un discorso in pubblico, è meglio che non parliate nemmeno. Dovreste saper fare un discorso perché vostra Madre è una donna e lo fa. Perché voi non siete in grado di tenere un discorso? Non ne siete capaci. Se vi facessi stare qui a parlare, vi mettereste a tremare, lo so. Se però si tratta di fare le anime mormoranti, siete pronte. Questo è un aspetto sul quale le donne devono stare molto attente.

E poiché oggi è il Puja del Guru, devo parlarvi non da Madre, ma come vostro Guru e dirvi che, se dovete ascendere, la cosa migliore è smettere di chiacchierare.

Maunam sarvartha sadhanam”. Maun significa silenzio. Esso vi offre ogni vantaggio: rimanete in silenzio. Se qualcuno parla troppo, rimanete in silenzio. Se qualcuno prova a criticare, rimanete in silenzio. Questo vostro silenzio è un vostro diritto; poter rimanere in silenzio è una vostra prerogativa. Limitatevi ad osservare l’altra persona.

Se è il caso di rispondere, potete rispondere; ma se qualcuno cerca di attaccare, rimanete in silenzio. Questo silenzio però deve essere stabilito, e andrebbe instaurato soltanto evitando di parlare troppo.

Ho visto alcune donne parlare tra loro anche quando io sono seduta qui; e questo è molto sbagliato. Dovete imparare il silenzio.

Ieri, ad esempio, ho anche visto tantissime signore entrare e uscire. In chiesa, fareste così? Non lo fareste. In chiesa non c’è nessun Cristo, c’è solo un orribile prete, ma non potete farlo.

State tutte zitte e sedute compostamente.

Non ho mai visto nessuno passeggiare qua e là e fare cose di ogni genere, mettere i bambini davanti così per farli dormire. Mai! Potete forse fare tutto questo in una chiesa? E che disciplina osserva la gente in quelle chiese che sono luoghi artificiali!

E dove vi trovate ora deve esserci quel tipo di silenzio e quel tipo di comprensione, di profondità, di timore reverenziale.

Ma è così perché non abbiamo ancora sviluppato il principio del Guru. Se lo sviluppate, funzionerà immediatamente. Vedrete la vostra gravità manifestarsi nel vostro comportamento. Insomma, tutto questo è perché la nostra attenzione non vada sprecata.

Non abbiamo il diritto di discutere di qualcuno, del carattere degli altri. Discutiamo forse del carattere di una mano con l’altra mano? Neppure discutere di quel che è successo con i matrimoni, di cose di questo genere.

Inoltre il matrimonio in Sahaja Yoga non è poi tanto importante. Certe persone prestano troppa attenzione al matrimonio, e il matrimonio diventa una seccatura. “E il mio matrimonio?”. Poi, dopo dieci minuti, la stessa persona chiede di nuovo: “E il mio matrimonio?”. Passano altri dieci minuti: “E il mio matrimonio?”. Viene voglia di scappar via.

Voglio dire che a volte diventa una specie di ossessione: “Che dovremmo fare?”. E tutto, tutta la programmazione dipende da come vi sposerete.

Voi siete venuti in Sahaja Yoga, siete dei sanyasi (asceti), in un certo senso non siete gente sposata. Siete sposati solo con Sahaja Yoga, esso è vostro marito, vostra moglie. E vi sono i cosiddetti mariti e mogli, ma se non sono sahaja yogi non si è sposati, nel modo più assoluto. Insomma, in Sahaja Yoga si dà troppa importanza ai matrimoni.

Ho notato che prima di Sahaja Yoga i matrimoni non erano una cosa seria: ogni tre giorni c’era un divorzio e la gente scappava e faceva di tutto. Quando però si sposano dopo essere entrati in Sahaja Yoga, diventano i più grandi romanticoni mai visti al mondo! Tutti dei Romeo e Giulietta. Proprio non capisco.

Nei villaggi indiani si sono addirittura lamentati: “Che razza di gente è questa? Non hanno proprio buon senso; è forse un comportamento da santi, il loro?”.

Questa santità, questo sanyasta, questo ascetismo deve esprimersi nella vita matrimoniale. Non voglio dire che non dobbiate avere relazioni con vostro marito, ma in modo molto riservato. Deve essere qualcosa di estremamente riservato e non dovrebbe essere una cosa così straordinaria da sfociare nel romanticismo. Rovinerete completamente Sahaja Yoga, in Occidente, se vi mettete a fare tutte queste sciocchezze. Perché c’è anche l’idea di innamorarsi. Ma allora cadrete (gioco di parole: innamorarsi in inglese si dice cadere innamorato, ndt). Questo è il primo punto. Cadrete, mentre voi volete ascendere.

Pertanto questo attaccamento e queste preoccupazioni a proposito del marito e quant’altro… insomma, potete farcela con qualunque tipo di marito o di moglie, se siete sahaja yogi. Dovreste esserne capaci. So che è molto semplice. Vostro marito è da studiare, vostra moglie è da studiare, tutto qui. Studiate che tipo di persona è.

Per questo, però, dovete avere lo stato di testimonianza, dovete osservare, dovete essere distaccati. Nel matrimonio occorre essere distaccati. Vedo invece che, dopo il matrimonio, si vuole organizzare qualcosa di speciale come andare in luna di miele o cose simili.

Non so da dove arrivino queste idee. Derivano da vecchi condizionamenti. E poi, dopo la luna di miele, vengono a dirmi: “Madre, questo matrimonio non funzionerà”.

Meglio dunque far le cose lentamente e con costanza, e poi decidere. Diversamente vi tufferete in un’atmosfera da luna di miele e al ritorno direte: “Madre, inizialmente avevo pensato… ma ora non lo penso più”.

So di una signora che si era innamorata di un signore indiano e stava tornando in Australia. A Singapore mi telefona dicendo: “Madre, non credo che questo matrimonio funzionerà”. E qui tutti si erano lamentati con me: “Madre, quei due si comportano in un modo tale che gli indiani sono piuttosto imbarazzati”.

Dovete imparare il senso del pudore dagli indiani. Marito e moglie non siedono mai vicini in India, è considerata cattiva educazione; e dovrebbe essere così anche per voi. Invece lo fate persino ai puja o in qualsiasi luogo in pubblico. Che motivo c’è di esibire la vostra relazione in pubblico? Si fa solo in privato. Questa è una cosa. Se comincerete a capirlo vi comporterete correttamente. In pubblico, gli uomini dovrebbero stare con gli uomini, e le donne con le donne. Ma a donne o uomini, comunque siano, non dovrebbero essere rinfacciati i loro punti negativi.

Gli uomini, ad esempio, soffrono di gelosie e sono orientati al potere, discutono della leadership e ricevono uno shock se si dice loro che non diventeranno leader, come se considerassero la leadership qualcosa di molto concreto.

Questa leadership è il più grande mito esistente. Non esistono leader in Sahaja Yoga. È solo un gioco. E vostra Madre è molto abile nel fare scherzi seri. Quindi state attenti, non siate infantili su questo punto.

Dovete capire che (la leadership) è una grande burla ed è semplicemente un test. E se vi giudico in modo errato potete dirmelo, ma credo che abbia funzionato bene, infatti so valutare egregiamente le persone a quel livello e mi accorgo subito quando qualcuno monta a cavallo dell’ego.

La vostra attitudine mentale deve dunque essere diversa e le nostre priorità devono cambiare. Le nostre priorità devono cambiare. Quali sono le nostre priorità? La più importante è la nostra ascesa, è la prima priorità. Per la nostra ascesa si deve fare tutto ciò che è necessario. Se occorre penalizzare il vostro corpo, fatelo. Se dovete punire voi stessi, fatelo. Se avete un condizionamento, liberatevene. Fate introspezione, la realizzazione del Sé è questo: conoscere il proprio Sé.

Quando conoscete il vostro Sé e vi rendete conto di cosa gli sta attaccato, rimuovetelo completamente. Fatelo come volete, fatelo come preferite.

Vedete, è fondamentale che il corpo, la mente, ogni cosa, siano vostri schiavi.

Nulla dovrebbe dominarvi, dovreste essere voi a dominare qualsiasi cosa. Come osa il vostro corpo pretendere qualcosa? Come osa la vostra mente suggerirvi qualcosa? In che modo i condizionamenti agiscono su di voi?

“Io sono un sahaja yogi e sono al di sopra di tutto”. Come i fiori di loto emergono dagli stagni, voi siete emersi da tutto questo.

Abbiamo tante prove a testimoniare che siete anime realizzate. Vi mostrerò alcune fotografie che ho per farvi vedere che c’è della luce.

Io posso immettere la luce in voi: siete tutti persone illuminate. Ma, se in mia presenza diventate la luce, dovete portare questa luce fuori. Non solo in mia presenza, ma quando andate fuori.

Però, quando dico qualcosa, la gente comincia a chiedersi di chi stia parlando Madre, non pensa mai: “Sta parlando di me”.

Il solo modo in cui potete andare in profondità in voi stessi è capire che: “Madre sta parlando di me, sta correggendo soltanto me e si sta rivolgendo a me”.

Solo allora quello che dico penetrerà in voi e agirà. Le priorità devono cambiare, e le più importanti sono la vostra ascesa, lo Spirito e Sahaja Yoga. Il resto è trascurabile, non conta nulla. Inoltre è fondamentale la fede nell’esistenza di questa Energia Onnipervadente che si prende cura di noi.

Questa volta i musicisti sono venuti fin qui. Devo raccontarvi la storia del loro viaggio. Erano stati informati che c’era un treno da Kiev così hanno comprato i biglietti e sono saliti in treno, ma sono stati fatti scendere prima del confine con l’Ungheria. Non sapevano cosa fare: non avevano i visti, niente, e neanche tanti soldi. Pensavano di aver preso il treno giusto, invece dissero loro di no, che dovevano attraversare il confine e andare a Budapest, e loro non sapevano come fare. Erano in mezzo alla strada ma ridevano tutti e si divertivano: “Ci dev’essere qualcosa in serbo per noi”.

Nessuno ha pensato di essere nei guai o altro.

Completamente arresi. Hanno raccontato che, all’improvviso, arrivò il personale della dogana che li circondò dicendo: “Che succede? Come mai siete qui con tutte queste borse e bagagli? Perché siete qui?”. E loro risposero: “Siamo venuti per un concerto, siamo musicisti”, e via dicendo.

E, in qualche modo, quelli hanno cominciato a sciogliersi completamente. E allora hanno dato loro la realizzazione! L’hanno ottenuta in sei, ci credereste? Il potere dell’amore!

E i funzionari della dogana si sono offerti di accompagnarli oltre il confine con le loro auto. Non è mai accaduto con dei doganieri. Pensate! Vi assicuro che far fare una cosa simile a un doganiere equivale a cavargli i denti (ride). Ma è accaduto. Li accompagnarono oltre il confine e li lasciarono lì.

A quel punto però non sapevano cosa fare. Volevano andare a Budapest e avrebbero dovuto percorrere circa due miglia per la stazione. Così si misero ad aspettare tranquillamente. Mi hanno detto: “Madre, forse ce li hai mandati Tu, sono arrivati due iugoslavi con un grande autobus di quarantanove posti tutti liberi; hanno fermato il bus e hanno chiesto, ‘Che succede, come mai siete qui?’.” Loro allora spiegarono il problema e dove dovevano andare. Così salirono sull’autobus e, lungo la strada, pensarono di chiedere all’autista: “Perché non ci porti fino a Milano?”. E ci sono riusciti! (Risate). Sono arrivati a Milano. È davvero notevole.

Abbiate dunque una fede totale in voi stessi e in quel Potere che vi circonda. E, quando avrete questa fede, vi accorgerete che sebbene esso sia così pronto ad aiutare, così gentile con voi, allo stesso modo, se ci pensate, può essere molto pericoloso.

Pertanto non prestate mai ascolto al Guruninda:significa che, se qualcuno parla male del vostro Guru, tappatevi subito le orecchie con le mani.

Ho saputo che una persona che non lo ha fatto ha contratto un tumore, un’altra adesso è in prigione. Quindi, se qualcuno parla così, mettetevi le mani sulle orecchie perché ormai sapete chi è il vostro Guru. Non dovreste mai ascoltare niente contro il vostro Guru, da nessuno.

L’altro giorno un signore, un giornalista, mi ha fatto una domanda. Ha detto: “Mi è stato riferito che Lei si è fatta costruire un castello”.

Ho risposto: “L’ho pagato e anche fatto costruire io. Era un posto orribile, certamente, ma ci vivono soltanto dei sahaja yogi. Io non ci vivo, questo è il bello”. Ma è tutto ciò che ho risposto. Però non vanno mai a fare queste domande a nessun altro guru, perché i discepoli replicano: “Sì, e allora? Vogliamo dare al nostro guru denaro e quant’altro”. A loro non lo chiedono mai.

Io però, con Sahaja Yoga, o personalmente, ho guarito da mali incurabili tanta di quella gente che avrei potuto guadagnare denaro a palate. Facendo guarire un solo malato di cancro, avrei potuto costruirmi un castello.

Quindi, quando qualcuno dice qualcosa del genere, dovreste rispondere: “Sapete quanta gente ha guarito? Quanto denaro avrebbe potuto chiedere se fosse stata un medico o un falso guru? Quanto denaro avrebbe guadagnato da tutte queste persone?”.

Allora capiranno. Sapete, parlano così perché sono persone materialiste e la loro attitudine è molto diversa. Quindi la cosa migliore è rispondere per le rime.

Ho visto infatti che questi giornalisti sono letteralmente tormentati dai discepoli dei falsi guru. Non possono criticarli, non possono dire una parola contro questi guru falsi, mentre trovo che i sahaja yogi ancora manchino di completa fiducia in se stessi e della capacità di farsi valere. Quando dovete farvi valere, dovete farlo. Se, ad esempio, qualcuno dice qualche falsità su di me, dovete farvi valere, dovete dire: “No, non è possibile, non è vero”. Invece ho visto che anche alcuni sahaja yogi mi fanno domande strane.

Quindi la cosa principale è capire quanto siamo sensibili alla spiritualità. Ho visto sahaja yogi dare appoggio a qualcuno insopportabilmente negativo come se fosse qualcosa di grande, e non saper riconoscere chi è valido.

Allora a che serve? Il vostro computer è così difettoso che farete… insomma, se il computer (di bordo) fosse come i sahaja yogi, gli aerei volerebbero a fasi alterne, in quanto essi danno giudizi opposti.

In Sahaja Yoga, una persona valida, che abbia buone vibrazioni, può essere una persona semplice, modesta, non tanto ricca, non tanto istruita, magari non ha frequentato università prestigiose o altro, ma dovete valutare le sue vibrazioni, il tipo di vibrazioni che emette e dopo dovreste giudicare.

Se invece giudicate una persona soltanto perché è molto brava a parlare e parla bene, da erudito o qualcosa del genere, non è questo il criterio. Il punto sono le sue vibrazioni.

E quando sentite le vibrazioni e giudicate le persone in base alle vibrazioni, siete sahaja yogi, diversamente non vi definirei affatto sahaja yogi.

Ma per un guru è molto importante (sentire le vibrazioni). Ho visto che talvolta anche i leader sostengono persone decisamente orribili. Persone che io non riesco a sopportare nemmeno per cinque minuti.

Qui, invece, il guru (leader) me lo presenta: “Oh, Madre, è così bravo, sa, ha donato tanto denaro”. Questo non ha importanza. Ha donato del denaro, e allora? Chi gli ha chiesto di donare denaro? Ma adesso non dovrebbe più “regalarci” anche i suoi bhut. Noi non vogliamo i suoi bhut. Questa è la situazione.

Insomma, quando si dice che una persona o una cosa non va bene, il giudizio dovrebbe essere corretto.

Ma generalmente i guru (leader) hanno dei blocchi e sono anche ambiziosi per cui, se qualcuno non li ascolta, o se vogliono fare una conferenza nel momento sbagliato e qualcuno obietta che non dovrebbero farlo o altro, vanno in collera. Sono molto irascibili e, a volte, dicono cose che provocano le persone, e se qualcuno reagisce gli dicono: “Tu sei un cattivo sahaja yogi”.

Non si fa così. Prima di tutto un guru, o un leader, deve essere lui per primo una persona molto dolce, gentile, buona. Deve essere così. Non dovrebbe pretendere niente, non dovrebbe chiedere niente. Mai pretendere nulla! Chiunque pretenda qualcosa non può essere un guru. Si deve suscitare il rispetto, non pretenderlo.

Pertanto, tutto funziona bene se capite che quando nella vostra ascesa crescete in saggezza, in consapevolezza e in Spirito, tutto questo accade automaticamente.

Non dovete chiedere nulla, non dovete implorare nulla, non dovete lamentarvi di nulla; tutto funziona.

Siete protetti da tutti i gana, da tutti gli angeli. Loro sono qui. Voi siete sul palcoscenico. Ma se state a metà strada, allora vi fanno degli scherzi. Sapete, loro fanno degli scherzi, vi fanno vacillare, avrete problemi, vi disperderete di qua e di là, vi accadranno tutte queste cose e allora direte: “Madre, come mai è accaduto questo?”.

Questo perché anche loro giocano trucchi, quindi vi fanno degli scherzi, vi creano dei problemi solo per farvi capire che state sbagliando.

Pertanto ci troviamo su un palcoscenico dove regna una grande sicurezza, c’è tutto, e dobbiamo dare al mondo questa cosa straordinaria che è Sahaja Yoga: esso, come sapete, è per l’emancipazione del mondo intero, per cui spero anche che comprendiate le vostre responsabilità.

Vi sono tante cose da capire: come deve essere un guru, come deve agire, come deve risolvere le cose. Ho fatto innumerevoli discorsi sulle qualità del Guru, ma nel discorso di oggi devo dire soltanto che, per ottenere il principio del Guru, occorre essere dotati innanzitutto di un’umiltà assoluta.

Per quanto riguarda me direi che io sono troppo semplice, ma sono Mahamaya, quindi state molto attenti. Non potete prendervi delle libertà con me, non potete farlo. Se cercate di prendervi troppe libertà, significa che non siete discepoli. Un discepolo deve mantenersi a debita distanza dal guru. Non potete prendervi delle libertà, entrare nella mia camera in qualsiasi momento, sedervi lì per ore a chiacchierare con me. Nient’affatto. Non ne avete alcun diritto. Dovreste venire solo quando vi chiamo io, quando chiedo di voi. Inoltre non dovreste forzare il Guru: “La prego, venga a sentire questo”, oppure: “Faccia questo…”. Non si dovrebbe dire.

Ieri, per esempio, nessuno mi ha informato che ci sarebbero stati degli spettacoli musicali e che era già tutto predisposto.

Dovete riferire tutto, tutto ciò che volete fare al vostro leader o a me. E dovrebbe essere tutto molto trasparente.

Come questa mano sa tutto ciò che fa l’altra, e l’altra sa tutto quello che fa questa, allo stesso modo dovreste tutti conoscervi fra voi. Inoltre i guru non dovrebbero essere gelosi l’uno dell’altro. Ve lo sto dicendo perché ho anche scoperto che esistono certe gelosie.

E quando parlano c’è un po’ di: “Ah, lui è bravo, però questo, questo e quest’altro…”.

Quando godranno della compagnia reciproca, in quanto avranno raggiunto un certo livello e comprenderanno di essere a quel livello; quando godranno e apprezzeranno pienamente la compagnia reciproca, la compagnia dei guru, molto più di quella di chiunque altro; se tutti i leader gioiranno della compagnia reciproca senza gelosie, senza conflitti, senza problemi, ma soltanto per la gioia di stare insieme, a quel punto dovrebbero capire di essere diventati dei guru.

Mai nessun Guru ha avversato un altro Guru, anzi, si sono sostenuti a vicenda. Di fatto è un unico Principio incarnatosi più volte.

Solo le persone sataniche combattono tra loro, non le persone divine. E (le persone sataniche) sparleranno di un’anima realizzata o di un’incarnazione, ma mai di qualcuno di loro.

È davvero sorprendente come le persone sataniche, benché combattano tra loro, benché abbiano delle gelosie, non sparlino mai l’una dell’altra.

Invece vedo che qui in Sahaja Yoga abbiamo libertà. Ma libertà non significa permissivismo, è una libertà basata completamente sulle regole e le norme del Divino in noi. E dobbiamo renderci conto che esse sono la Legge divina.

Insomma, siamo tutti seduti qui come in un grande vimana, un aeroplano, e dobbiamo atterrare tutti in quell’area meravigliosa. Prima di tutto però occorre sviluppare l’umiltà nel proprio cuore, umiltà e resa totali, questo è molto importante. Finché non avrete questa umiltà e arrendevolezza nel cuore, il principio del Guru non può essere risvegliato.

Prima di tutto dovete essere discepoli e poi Guru. Quindi dovete sviluppare questa umiltà. E questa umiltà nasce molto facilmente se mi amate, se mi rispettate. Non si tratta soltanto di amore, ma di rispetto. Deve esserci questo rispetto, e allora la gente vi rispetterà.

Dio vi benedica.

[Dopo il puja, alcune corone vengono offerte dai centri di Mulhouse in Francia, Colombia – una corona tempestata di smeraldi veri – e Svizzera. Shri Mataji le prova indossandole. Poi riceve dei doni, dopodiché alcuni leader mostrano alcune fotografie miracolose e Shri Mataji le spiega]

Questo è il mio nome in arabo, poi cambia, adesso cambia.

Questa è un’altra (foto). Questo è il mio nome, questo è il mio nome in arabo, scritto nell’altra direzione (applauso). Poi diventa Omkara nell’altra direzione e Omkara diventa come un cuore e con tante linee. Non c’erano linee, niente. Le luci diventano Omkara.

Queste sono fotografie scattate prima del puja. Questa è un’altra serie. Era iniziata la musica e la fotografia ha cominciato a cambiare.

[La registrazione video termina qui]

Ha iniziato ad assumere forme diverse. Questa è … Le luci diventano forme. Questa è precedente.

Ora scrivono il mio nome, queste luci scrivono il mio nome, hanno iniziato a scrivere.

Questa è un’altra, guardate come cambiano le forme. Guardate ora come cambiano le forme. Qui le vibrazioni danzano.

Le vibrazioni danzano, guardate.

Poi il Sahasrara. A quel punto io mi dissolvo nella luce. Una, due, tre e poi diventano tutte luci che appaiono una ad una… Queste sono le vibrazioni.





1 “Pensate allo svantaggio di Kabir. Voi non avete svantaggi. Kabir non aveva una Madre che gli parlasse, che lo amasse, che si occupasse di lui e che gli dicesse tutte queste cose. Ebbe un guru, e conoscete la vita di Kabir. Kabir voleva diventare discepolo di Ramananda Swami, ma era musulmano e di bassa casta o quel che sia, per cui non riusciva ad arrivare a Ramananda Swami. I discepoli non gli permettevano di avvicinarsi a Ramanand Swami. Allora un giorno Kabir andò a dormire sulle scale del fiume Gange, tutta la notte al freddo, in attesa che arrivasse Ramananda Swami che era solito passare sempre dalla stessa strada. E i suoi piedi urtarono Kabir ed egli disse: “Oh, figlio mio, che cosa fai qui?”. Allora Kabir si alzò e disse: “Signore, voi oggi mi avete accettato come discepolo”. Lui disse: “Sì”. E così Ramananda Swami lo prese e lo addestrò in qualcosa di grande”. (“La necessità di andare più in profondità”, 05/06/1987)

2 “Bene, allora andate a dire al fiume che, se io non ho mangiato nulla e sono rimasto completamente distaccato (dal cibo), lui dovrà abbassarsi”. Esse si stupirono, perché gli avevano dato da mangiare e lui aveva mangiato tutto, aveva consumato tutto. Così andarono dal fiume e dissero: “Oh fiume, il santo non ha mangiato nulla, è rimasto assolutamente distaccato dal cibo e non lo ha neanche toccato”. Ed il fiume si abbassò. Loro furono sorprese: come era possibile che il santo avesse consumato tutto senza mangiare nulla? Significa che lui era in aswadha, non era coinvolto nel cibo, era distaccato; e loro ne furono meravigliate”. (Shri Krishna Puja, 06/08/1988)