Shri Buddha Puja, Dovete diventare senza desideri

Brielpoort Deinze, Deinze (Belgium)

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(05/2018 SOTTOTITOLI)

S H R I   M A T A J I   N I R M A L A   D E V I

Shri Buddha Puja

“Dovete diventare senza desideri”

Deinze (Belgio), 4 Agosto 1991


Oggi ci siamo riuniti qui per celebrare il puja a Buddha. Come sapete, Buddha era figlio di un re. Un giorno rimase sconvolto nel veder camminare per la strada un uomo molto povero, scarno, molto infelice, e si sentì molto triste. Poi vide un uomo molto malato, in procinto di morire. Poi vide un uomo morto, che veniva trasportato al luogo della cremazione. Tutto questo lo turbò molto, per cui iniziò a riflettere e a ricercare la ragione di tutti questi accadimenti umani.

Innanzitutto, perché gli uomini diventano così infelici, perché si ammalano, perché muoiono così miseramente? La ragione la trovò nel corso della Sua ricerca. Girò il mondo intero, direi, nel senso che lesse le Upanishad, andò da molti guru, visitò molti luoghi di educazione spirituale, come Benares; si recò ovunque. E alla fine, mentre era seduto sotto un albero di banyan, all’improvviso la Sua Kundalini fu risvegliata dall’Adi Shakti ed Egli ricevette la realizzazione. A quel punto si rese conto che la ragione di tutto questo è il desiderio.

In Sahaja Yoga ormai abbiamo capito che ogni altro desiderio (che non sia quello di essere lo Spirito, ndt) non è puro. In primo luogo, qualunque nostro desiderio sia esaudito, noi non ci sentiamo comunque soddisfatti. In secondo luogo, tutti questi desideri hanno ripercussioni.

Che cos’è quindi il puro desiderio? Tutti voi sapete che è la Kundalini. La Kundalini è l’energia del puro desiderio, ed essa soddisfa il vostro puro desiderio di essere lo Spirito, di essere Buddha, di essere illuminati. Buddha significa persona illuminata.

Così Gautama[i] divenne Buddha, come voi adesso siete diventati sahaja yogi. Ma avendo Lui affrontato tutte quelle diverse penitenze, ogni cosa che aveva appreso era diventata parte integrante di Lui, mentre in Sahaja Yoga è tutto sahaj. Per questo concludiamo sempre dicendo: “Dopotutto è sahaj!”. E quando cerchiamo di fare qualcosa, diciamo sempre: “Beh, funzionerà spontaneamente. Va bene, Madre farà tutto per noi”. Questo è un errore comune in Sahaja Yoga.

Il quesito che mi ero posta era se fosse meglio farvi affrontare tutto quel lungo processo o darvi (subito) la realizzazione. Infatti, in questi tempi di confusione, non può esserci molto tempo a disposizione per farvi affrontare tutto ciò che ha fatto Buddha; inoltre Lui era uno solo, mentre io avrei dovuto sottoporre tutti voi a ciò. Sarebbe stato molto difficile: non so quanti di voi ce l’avrebbero fatta. La maggior parte avrebbe desistito a metà o forse a un quarto della strada.

Pertanto, è stato tutto organizzato in modo sahaj. Non avete dovuto sedervi sotto un albero di banyan, tuttavia in definitiva avete ricevuto la realizzazione. La vostra Kundalini è stata risvegliata e avete ottenuto l’illuminazione.

Ma l’illuminazione che si instaurò in Buddha, non è altrettanto stabilizzata in noi, perché i nostri chakra non erano puliti come i Suoi. Al momento della realizzazione, noi avevamo lo stesso corpo, la stessa mente, le stesse attitudini di prima.

Guardiamo ancora (da fuori) la casa di Dio, proprio come facevamo prima. Voi, invece, siete entrati nella casa (di Dio) e dovete guardare fuori dalle finestre. Questo lo dimenticate. E, sebbene ora stiamo seduti sulla sommità della collina, lontani da tutto il traffico congestionato, se vedete un’automobile ancora vi spaventate. Non vi rendete conto di stare seduti sulla cima di una collina dove vostra Madre vi ha sistemato accuratamente. Cercate di comportarvi ancora così.

Quando mi riferiscono qualcosa sui sahaja yogi, mi stupisco molto che non si rendano conto di essere ormai anime realizzate. Questa è la ragione per cui Buddha parlò di assenza di desiderio. Ciò non è possibile prima della realizzazione, ma trovo che sia difficile anche dopo la realizzazione. Esistono desideri nascosti e, laddove dovete agire, non lo fate dicendo: “Prenderemo un blocco all’ego”. Pertanto, facciamo solo ciò che ci conviene.

La soluzione a tutto questo alla quale sono giunta, è stata di creare un avvenimento collettivo. Una persona individualista non potrà mai vincere il proprio ego. Gli individualisti non potranno mai superare il loro ego e, colui che vive da solo, che vuole godersi tutto da solo, non potrà mai superare l’ego, perché non avrà affrontato tutte quelle penitenze (come ha fatto Buddha, ndt). Ovvero, se siete individualisti, meglio allora che affrontiate tutte quelle austerità e poi ritorniate.

Quindi, la soluzione è purificare tutti i nostri chakra, purificare la nostra vita nella collettività: questa è risultata essere la soluzione al problema dell’ego.

Un tempo, ciascuno lavorava individualmente: ad esempio, dovevano recarsi sull’Himalaya, cercare un guru, poi il guru li cacciava. Allora andavano da un altro guru, lavoravano lì, poi anche questo li cacciava via. Poi rinascevano in una vita successiva e venivano di nuovo cacciati. Alla fine, se un guru li accettava, bene, benissimo: li picchiava, li torturava, li maltrattava in ogni modo, li appendeva a testa in giù e, alla fine, se un guru raggiungeva una maggiore affinità con qualcuno, gli dava la realizzazione. Questa era la situazione.

Ma in Sahaja Yoga la porta è aperta, può entrare chiunque, chiunque, e ottenere la realizzazione. Infatti, io ho fiducia nella collettività. Questa vita collettiva vi darà senz’altro ciò che Buddha ottenne mediante i Suoi sforzi individuali. Ma anche qui sbagliamo, perché non sappiamo essere collettivi; l’individualismo è sempre presente intorno a noi. Pensiamo da individualisti, sotto ogni aspetto. Ovunque la collettività abbia funzionato, Sahaja Yoga è prosperato; ovunque la collettività non ha funzionato, ci sono stati problemi.

Quindi è molto importante guardare dentro noi stessi ed esaminare da soli quanto siamo collettivi. Gioite della collettività o no? Aspirate alla collettività o no?

Appena ho pensato a Cabella, quel posto che avete visto, mi è venuto in mente di fondare lì un piccolo ashram per voi vicino al fiume. Mi hanno subito chiesto: “Madre, va bene se compriamo qui le nostre case?”. Subito. Allora che senso ha? Poi mi inviteranno: “Madre, per favore, venga a cena a casa mia. Per favore, venga nella mia casetta a prendere un tè!”. Non mi interessa.

Insomma, in Sahaja Yoga, se non diventate davvero collettivi in ogni senso, non potete ascendere e non potete purificarvi, non potete pulirvi. Questo (Buddha) non lo ha detto (apertamente), ma in un certo senso lo ha detto, perché ha affermato:

Buddham sharanam gacchami: prima di tutto mi arrendo alla mia realizzazione del Sé. E poi: Dhammam sharanam gacchami, significa: mi arrendo al dharma che è in me, cioè la spiritualità. E come terza cosa:

Sangham sharanam gacchami – Sangha significa collettività – Mi arrendo alla collettività.

Ma Egli a quel tempo non sapeva dare la realizzazione di massa. Così riunì dei discepoli i quali dovevano rasarsi la testa, che fossero re o regine; dovevano indossare un solo vestito, sia donne che uomini; dovevano dormire su una stuoia in una grande sala; né mogli né mariti, nessun matrimonio; niente.

E dovevano elemosinare il cibo nei villaggi e nutrire il loro guru e anche se stessi con quel cibo, che fosse sufficiente o no.

In Sahaja Yoga non è così. In Sahaja Yoga ogni cosa è piacevole fin dall’inizio e, in Sahaja Yoga, si suppone che siate persone assolutamente gioiose. Ed è così; però, la gioia della collettività, se non saprete gioirne, non potrete ascendere, perché non esiste altro modo.

Quali sono le altre penitenze? Per qualcuno persino la collettività rappresenta una penitenza, finché non comincia a gioirne. Così crea un sacco di problemi: “Questo non va bene”, è molto critico. Alcuni vivono in ashram e stanno sempre a criticare tutto: “Questo non va bene, questo non mi piace, quello non mi piace”.

Qui, nella completa consapevolezza – insomma, non potete essere ipnotizzati. Quando si viene ipnotizzati, a quel punto si può vivere in qualsiasi condizione. Invece, nello stato di completa consapevolezza e di totale capacità di comprensione, dobbiamo diventare collettivi.

Questa è una delle soluzioni per la nostra purificazione. Possiamo dire così: supponiamo che io abbia le mani sporche. Allora vado al rubinetto, ma scopro che da lì scende una sola goccia d’acqua, perciò non posso lavarle. Allora vado in un altro posto, ma non c’è acqua. Vado in un terzo posto, ma non trovo niente a disposizione. Alla fine, raggiungo un luogo dove trovo un po’ d’acqua; allora mi lavo completamente, perché so che non ne troverò da nessun’altra parte.

Ma, in Sahaja Yoga, siete immersi nell’acqua della collettività. Se gioite della collettività e riuscite a nuotarci dentro, non ci sono problemi.

Buddha, come sapete, lavora sul nostro lato destro, nel nostro Agnya. È molto sorprendente che una deità come Lui lavori sul lato destro. Per il lato destro, ha detto innanzitutto che dovreste essere distaccati, senza desideri. Ma nessuno lavorerebbe se non avesse desideri o se non avesse modo di guadagnare qualcosa dal proprio lavoro, intendo dire dal punto di vista comune.

Tuttavia, dovete lavorare senza desideri. Soltanto così si può conquistare il lato destro. È molto simbolico. Di solito, le persone di lato destro sono molto magre, ma Buddha è molto grasso. Di solito le persone di lato destro sono molto serie, estremamente serie, non rideranno nemmeno facendo loro il solletico; invece Buddha ride sempre, con le braccia spalancate, gioisce. Notate il contrasto.

Soltanto quando lavorate senza desideri si può raggiungere questo stato nel quale riderete in continuazione. Ma quelli che pensano: “Noi stiamo compiendo questo lavoro”, con desiderio… Insomma, alcuni di questi sono individui di infimo livello che vogliono guadagnare soldi, o qualche altra sciocchezza, e questo continua. Ma diviene anche sempre più sottile. Man mano che voi diventate più sottili, anche i desideri diventano sempre più sottili; e se non fate attenzione, spuntano fuori (all’improvviso).

Egli (Buddha) è colui che risiede nel lato destro e va sul lato sinistro (Shri Mataji tocca la tempia sinistra, ndt). Ha detto: “Dovete essere privi di desideri”, sul lato destro. Che contrasto! Specialmente in Occidente ho visto persone che, appena fanno una minima cosa, (si lamentano): “Ah!”. E che cosa hanno fatto? “Ho sollevato quel cucchiaio” (Risate). E per quel cucchiaio si mettono a sedere. E restano sorpresi nel vedere che io non sono mai stanca. Ma io non faccio niente, non ho desideri; in realtà io non faccio mai niente. Sono semplicemente Nishkriya, non faccio nulla.

Così, quando diventate strumenti, strumenti arresi, quando vi rendete conto che voi non fate assolutamente nulla, acquisite la padronanza del lato destro. Ma come si raggiunge questa padronanza? Voi non fate nulla, vi è chiaro? Per esempio, andate in qualsiasi negozio e fate un affare, senza fare nulla. Non desiderate niente e, d’un tratto, scoprite che l’oggetto che non avreste mai e poi mai immaginato è proprio lì davanti a voi, pronto perché lo prendiate.

Quando si agisce spinti dal desiderio di ottenere qualcosa, ciò comporta una reazione. Ogni azione ha una reazione. Ma l’azione priva di desideri non può avere una reazione, perché non c’è desiderio in essa.

Supponiamo che io mi perda da qualche parte per strada: non mi preoccupo mai per questo, perché forse devo essere lì. Supponiamo che io voglia, o meglio debba acquistare – diciamo – un castello, mettiamola così. Se devo comprarlo, vedete, è diverso dal desiderarlo. Insomma, ho avuto una sensazione all’improvviso e ho detto che dovevo vivere in Italia, pertanto avrei dovuto acquistare una casa. Mi hanno fatto vedere un castello, ma si è rivelato inadatto. Bene, non importa.

Poi, con un secondo castello, tutti si erano fissati: “Deve comprare questo ad ogni costo”. Per qualche motivo quel luogo non mi piaceva molto, ma dissi: “Va bene, che il loro desiderio sia esaudito”.

E poi accadde che dovettero tutti desistere ed acquistarne un altro che non volevano comprare. Io ne fui molto felice, poiché non avevo desiderato niente, e quella risultò essere la scelta migliore. La ragione è che tutto ciò che mi accade è sempre la cosa migliore. Qualsiasi cosa mi accada so che è la migliore, è tutto per il mio bene e per il bene di Sahaja Yoga.

Chiunque critichi Sahaja Yoga, è davvero molto bravo, eccellente! In India, per esempio, c’era una rivista dove Rajneesh si serviva di qualcuno per parlare male di me. Era una donna che aveva rubato alcune mie fotografie, e aveva dato anche quelle (al giornale). Tutti, nella mia famiglia, mio fratello, mio marito, erano molto adirati e volevano far causa al giornale. Io dissi: “Non mi piace questa idea di far causa al giornale”.

Bene, quando ci fu il primo programma a Delhi, era così sovraffollato che non riuscivo nemmeno ad entrare con la macchina. Anche fuori era così pieno che dovettero mettere due altoparlanti all’esterno.

Allora chiesi a quella gente come mai fosse venuta… Mi rispose: “Abbiamo visto le Sue fotografie sulla rivista Illustrated Weekly e ne siamo rimasti molto colpiti”.

Non avevano letto niente degli articoli, neanche una parola, ed erano tutti lì! Uno di questi è Harsh, e molti sono venuti soltanto per aver visto lì la fotografia. Pertanto, se costei l’aveva rubata per noi è stato un bene. Normalmente avremmo dovuto pagare parecchio per pubblicare qualcosa, invece era lì senza aver pagato nulla! In seguito, i miei familiari seppero che quel giornale restò chiuso per sei mesi subendo una grande perdita. Io non avevo desiderato nemmeno questo.

Quando siete senza desideri, siete felici, perché non rimanete mai delusi, non vi innervosite mai. Essere senza desideri non significa diventare qualcosa di assurdo, trasformarsi in asceti o cose del genere, bensì non avere aspettative.

“Se faccio così succederà questo, se faccio così succederà quest’altro…”. Non preoccupatevi: fate quel che volete fare. Una cosa dovreste sapere: non può accadervi niente di male e, se qualcosa di male vi accade, c’è qualcosa che non va in voi.

Vi dirò un’altra cosa: qualche tempo fa, per la prima volta, sono caduta lievemente, un po’, non molto. Allora mi hanno detto: “Non può uscire assolutamente di casa, non può muoversi, perché piove e le verrà l’artrite”. Io non potrei  mai sviluppare niente del genere, ma non importa. Così sono stata costretta a rimanere a casa e, in quel periodo, ho scritto questo libro (il libro contenente diverse indicazioni su Sahaja Yoga, ndt) È stato un bene che sia caduta; diversamente tutta la mia famiglia, che era in vacanza, avrebbe detto: “Vieni qui da noi”. Grazie a Dio, ho avuto quei quattro o cinque giorni e così ho scritto quel libro.

Volgete quindi al meglio qualsiasi contrarietà. Di fronte ad una delusione, sorridete e sappiate che è per il vostro bene, per scoprire qualcosa di nuovo, per trovare qualcosa di meglio. Ma il condizionamento è molto forte, ecco perché vi dico di stare in collettività.

Per esempio, abbiamo indiani, francesi, e quant’altro. Hanno tutti ancora i propri condizionamenti. Gli indiani vogliono mangiare cibo indiano ovunque vadano: è una situazione molto difficile. In questo senso voi siete migliori, perché mangiate tutto, anche quel terribile cibo indiano. Neppure io amo molto il cibo indiano, non è molto nutriente. È più saporito ma non è nutriente. Ma voi non vi preoccupate di mangiare qualsiasi cibo, e questa è una vostra qualità. Ma i vostri desideri sono altri, un po’ diversi, e voi li conoscete molto bene, non c’è bisogno che ve ne parli io. Ad esempio ho detto alle signore di non portare molti cosmetici e bagagli pesanti (al tour in India, ndt); ma, ogni volta che vengono, gli uomini si rompono le mani per portare le loro enormi valigie. Non dico di andare in giro in modo indecoroso, ma attenetevi al minimo indispensabile.

Oppure, ci sarà sempre qualcuno in competizione con il leader. Ma ciò che noto in Occidente, (il problema) non è tanto il cibo, ma la casa. Anche in India. Se sposate una donna indiana oppure greca – anche una moglie greca cercherà di essere molto possessiva con il marito, è molto comune, l’ho notato. Hanno qualcosa di simile agli indiani. E così rovineranno l’ascesa del marito ed anche la propria, è un fatto. Sono molto dominanti. Le donne indiane non saranno dominanti, ma cercheranno di controllare il marito e di avere una casa per conto proprio. Gli indiani non capiscono la collettività, sono molto individualisti.

Naturalmente con Sahaja Yoga stanno imparando, a poco a poco, ad essere un tutt’uno con gli altri. Inoltre, ognuno ha una diversa cultura e rimane attaccato alla propria cultura. Certo, si dovrebbe assimilare tutto ciò che c’è di buono in ogni cultura, perché, ciò che di una cultura è universale, lo si ritrova in Sahaja Yoga.

Ma ci sono molte cose che ci fanno vacillare a causa dei nostri condizionamenti. Ecco perché, nello stesso periodo (di Buddha) abbiamo avuto un’altra grande incarnazione, Mahavira, che ha evidenziato quali sono le punizioni per chi asseconda i propri condizionamenti. Ha parlato di cose orribili. Cosa succederà a chi ha condizionamenti, dove andrà a finire, quale sarà la sua condizione, in quale inferno finirà: questo è stato descritto chiaramente. Sono cose orribili. Oggi naturalmente non ve ne parlerò.

Ma l’aspetto comune a Lui e ad i Suoi contemporanei, come Buddha, Kabira e tutti gli altri, è che essi – non tanto Kabira quanto Buddha – (pensarono:) fosse meglio non parlare nemmeno di Dio, ma parlare in astratto, del Senza Forma. Infatti, il peggior condizionamento di quei tempi era che, quando iniziavano a venerare una deità o altro, ne diventavano completamente schiavi.

Anche Maometto parlò di Nirakar (Dio senza forma, ndt). Ma questi due si spinsero addirittura oltre, dicendo: “Dio non esiste, per ora è meglio non parlare di Dio, è meglio ricevere la realizzazione del Sé”. All’inizio io ho fatto la stessa cosa. Ho detto: “Ricevete la realizzazione del Sé”. Infatti, chiunque può mettersi a dire: “Io sono Dio”. Per questo loro non hanno mai parlato di Dio, nel modo più assoluto, ma hanno sempre detto: “Dio non esiste, ciò che esiste è il vostro Sé”. In effetti lo resero un tabù. Sono chiamati Nirishwara, Nirishwarwad – i non credenti – (poiché) nessuno dei due credeva in Dio, ma nella realizzazione del Sé.

Loro sapevano che sarei dovuta venire io a parlarvene, per questo Buddha parlò del futuro Buddha, ossia Maitreya. Ma è la Madre, ed essa ha tre forme: Mahakali, Mahalakshmi, Mahasaraswati. Se dite ad un buddista di porre la domanda a Maitreya, in quel momento otterrà la realizzazione. Egli dunque parlò di Maitreya perché sapeva che, quando Maitreya fosse venuta, avrebbe dovuto parlare di Ishwara. Secondo loro (a quel tempo) le persone non avevano raggiunto un livello tale da poter parlare loro di Ishwara. Così dissero che non esiste nessun Dio, proprio per accentuare la realizzazione del Sé, atmAgnyan, la conoscenza del Sé, la realizzazione del Sé.

E mi è stato riferito che i primi buddisti… naturalmente erano bhikshuka, asceti, ma sperimentarono la brezza fresca dello Spirito Santo, proprio come gli gnostici, penso. Ma erano pochissimi – non erano tanti come voi – però la loro qualità era molto elevata, poiché avevano affrontato tutti terribili penitenze. Per questo la loro qualità era molto elevata; ma a causa dell’enorme differenza qualitativa fra loro e le altre persone, non riuscirono ad attrarle, perciò direi che alla fine si estinsero.

C’è stato poi lo Zen, quando arrivò Viditama, un altro discepolo di Cristo, anzi di Buddha; e poi il Tao. Queste due correnti esprimono gli ideali di Buddha riguardo a Sahaja Yoga. Il Tao non è altro che Sahaja Yoga. Tao significa come – come funziona – e il sistema Zen, lo Zen significa Dhyana (meditazione). Anche loro quindi credevano nel risveglio della Kundalini. A quell’epoca non colpivano i discepoli sulla spina dorsale ma successivamente iniziarono a percuoterli con un bastone sulla spina dorsale per farli entrare in dhyana.

Così il Tao e lo Zen sono ambedue rami del buddismo, nel senso reale della parola direi, ossia dell’ascesa senza parlare di Ishwara, di Dio, ma l’obiettivo era lo stesso: diventare Buddha (illuminati, ndt). Ma anche loro si sono estinti. Ho incontrato il leader del movimento Zen il quale è venuto da me per essere curato. Gli ho domandato: “Com’è possibile che lei, che è la guida, non sia neanche un Kashayapa?” Kashayapa è un’anima realizzata. Così mi ha confessato che (nello Zen) c’erano stati solo ventisei Kashayapa e che tutto era iniziato soltanto dopo il sesto secolo, ma erano pochissimi e si era estinto. Ciò significa che voi siete molto fortunati ad essere tutti anime realizzate.

Il nostro albero di banyan è la collettività. Dobbiamo rendere noi stessi più sottili, essere tutt’uno con la collettività. Ciò dà molta gioia, è meraviglioso. Chi non riesce a farlo, non può progredire in Sahaja Yoga: è problematico e crea problemi e fastidi a tutti, ha una cattiva attenzione e nessuno capisce a che punto si trovi.

Il messaggio di Buddha è, ovviamente, di non sviluppare l’ego. Ma come riuscirci? Innanzitutto, qualsiasi cosa facciate, dovete dire: “Io non faccio nulla. È Madre che lo fa”, oppure: “È Dio a farlo. Io non faccio niente”.

Se invece avete la sensazione che state facendo qualcosa per Sahaja Yoga, è meglio che smettiate. Dovreste invece dire: “Mi è capitato. Io non ho fatto proprio niente, mi trovavo lì; tutto qui”. Allora avrete raggiunto moltissimo.

La seconda cosa è il desiderio. Anche il desiderio di qualsiasi cosa, grande o piccola, o persino l’amore per i vostri figli, per vostra moglie, questo ‘mio, il mio’ e tutto il resto, se quando tutti questi desideri non vengono soddisfatti vi sentite frustrati, allora dovete sapere che qualcosa non va in voi. Ma se capirete il senso della collettività, potrete ascendere molto rapidamente.

Direi che gli indiani sono molto religiosi, disciplinati, da un certo punto di vista, ma mancano di senso della collettività. Se riusciranno a svilupparlo, potranno crescere molto velocemente.

L’unica nazione che ho trovato molto valida è la Russia: a causa del comunismo, (i russi) sono collettivi e privi di desideri: infatti, tutti i loro desideri sono stati soddisfatti dalle idee comuniste, non hanno avuto alternative. Inoltre erano collettivi. In un certo senso il comunismo ha favorito la gente, non il governo. Al contrario, la democrazia ha permesso ai governi di far soldi ma la gente ne ha sofferto.

Noi siamo persone che non hanno avuto la possibilità di conoscere la collettività. Direi che la collettività si sviluppa senza dubbio più velocemente, molto più velocemente in Occidente, dove però è più carente l’assenza di desideri. È come dire che qualcuno ha i denti e un altro ha il cibo. Se riuscissimo a vederci come siamo e cercassimo di capire che abbiamo questo problema o l’altro; se ognuno riuscisse in qualche modo a neutralizzare il proprio problema, potreste farcela. Infatti, se ne risolvete uno potete inciampare nell’altro, oscillando da una parte all’altra. State invece al centro ed esaminate per conto vostro: “Quali sono i miei desideri?”. Contateli uno ad uno. Se io devo pensare a quale sia il mio desiderio, divento senza pensieri, davvero, la mia posizione è terribile. Se devo pensare: “Cosa dovrei desiderare ora?”, divento senza pensieri. Qualche volta ho detto: “Ora svilupperò un po’ di ego”: non so da dove cominciare. Dovrei averne un po’, dopo tutto ce l’hanno tutti, perché io no? Ma non so da dove cominciare.

Abbiamo poi anche il condizionamento di sviluppare quella cosa orribile che sono i sensi di colpa. Insomma, è un altro…Credo che al tempo di Buddha nessuno avesse questo problema. Si tratta di una “tecnica” moderna quella di sentirsi colpevoli. È una sorta di modernità, poiché non so come sia nata. E questa orribile modernità chiamata senso di colpa, è qualcosa che è mio destino eliminare. Non esisteva ai tempi di Buddha, non c’è mai stato, altrimenti lui mi avrebbe spianato la strada. Ma non lo ha fatto. Ha lasciato a me il compito di ripulire il vostro Vishuddhi sinistro ed anche il mio, che mi duole sempre in questo punto (tocca la spalla sinistra). Pertanto, questa cosa orribile – che affligge soprattutto la mente occidentale; gli indiani non hanno sensi di colpa, niente – deve essere superata.

Come sapete, Buddha e Mahavira sono entrambi di sostegno al centro dell’Agnya. Perciò, se dovete avere un Agnya chakra molto puro, da un lato dovete essere senza desideri e dovreste perdonare: Ksham. Ksham è un bija mantra che significa perdonare, è il bija mantra per il lato destro. Ksham: “io perdono”.

E per il lato sinistro è Ham. Le persone di lato sinistro pensano sempre: “Io non valgo niente”. Invece devono dire: “Io valgo!”. Ham: “Io sono”. Ham e Ksham sono i due bija mantra che dobbiamo pronunciare. Ovviamente, se li reciterete agiranno, perché dopotutto adesso i vostri prana sono diventati pranava, il vostro respiro è diventato illuminato. È ancora un po’ debole, direi, ma non importa.

I vostri mantra possono agire. Dovete usare questi due bija mantra per purificare i vostri Agnya. Mahavira però ha una soluzione per questo: dopo la realizzazione, se vi si blocca l’Agnya, vi viene una terribile emicrania. Questo è lo stile di Mahavira. Se fate qualcosa che non va, ricevete una punizione; se cedete a qualcosa (di sbagliato), siete puniti; se andate contro Sahaja Yoga, siete puniti. Io non faccio niente, è Mahavira che lavora simultaneamente. Se cercate di essere troppo furbi, venite superati in astuzia.

Queste due forze agiscono da destra a sinistra e viceversa. Se esagerate con il lato destro, il sinistro vi colpirà duramente. Se esagerate con il sinistro, sarà il destro a colpirvi forte. Ambedue (queste forze) sono proprio come un attacco su due fronti. Una dice: “Non abbiate desideri”; se ne avete, venite immediatamente puniti da questo lato (sinistro, ndt).

Per esempio, alcuni dicono: “Devo avere dei figli, devo avere dei figli.”. Date loro i figli, e si lamentano: “Madre, perché mi hai dato questo figlio orribile? È davvero orribile!”. Poi qualcun altro dice: “Madre, mi dia una moglie del Maharashtra”. Di recente c’è stato un caso del genere. Mi seccava in continuazione: “Madre, mi dia una moglie del Maharashtra”. E così gliene è arrivata una proprio speciale, come punizione. Allora hanno detto: “Mai più dal del Maharashtra!” E lei era proprio… non avevo mai sentito parlare di una donna simile in Maharashtra. Orribile. Ma poiché aveva tanto insistito, l’ha avuta. Ora dice: “Mai più dal Maharashtra!”.

“No, no – ho detto – (le donne del Maharashtra) sono tutte bravissime, questa è stata un’eccezione venuta proprio per punirti!”.

Insomma, se avete dei desideri e oltrepassate certi limiti, venite puniti, e questo è fatto da Mahavira, in maniera più o meno grave. Per esempio, c’era un ragazzino molto presuntuoso che venne a Londra e voleva comprarsi qualcosa. Io lo portai in un negozio normale, dove c’era un bellissimo cappotto in pura lana. Ma lui non lo volle acquistare: “Voglio andare in un grande negozio”. Gli risposi: “Va bene, ma io non vengo”. Mandai suo padre. E tornò da quel negozio con un cappotto sintetico, senza sapere che era sintetico, perché non aveva voluto comprare niente in un negozio normale. Così il grande negozio gli ha molto amabilmente fatto pagare un prezzo alto e questo è ciò che hanno ottenuto.

In ogni istante i sahaja yogi devono rendersi conto che c’è Mahavira seduto accanto. Anche Buddha è lì a darvi indicazioni: “Non fare questo; non avere tanti desideri”. Lui vi impone dei limiti, ma se non ascoltate, allora bene, Mahavira è lì per correggervi. Arriva fino ad un certo punto, poi vi viene il mal di testa. Allora chiedete: “Madre, perché mi è venuto il mal di testa?” L’avete chiesto voi. È un meccanismo talmente automatico che, come sahaja yogi, dobbiamo stare molto attenti.

Oggi dovremmo dunque capire che dovremmo diventare tutti collettivi interiormente. Non dovremmo lagnarci o lamentarci di tutto, e dovremmo gioire della collettività.

Ma il secondo aspetto della collettività è che non dovete cercare di sfruttarla, altrimenti sarete nei guai. Ad esempio, ho visto che alcune persone non sanno come si usano i bagni. Quando siete collettivi, dovete rispettare la collettività degli altri. In nessun caso qualcuno dovrebbe soffrire per la vostra presenza o sentirsi in alcun modo insultato o disturbato.

Quando siete in collettività, gli altri dovrebbero gioire della vostra compagnia, gioire della vostra presenza. Non dovrebbe crearsi alcun problema. Ma se siete pretenziosi, se esigete cose e vi considerate chissà chi, non potete in nessun modo essere collettivi, anzi ne soffrirete, ne soffrirete automaticamente. Se ve ne renderete conto e lo capirete bene, il vostro Agnya sarà a posto.

Ad esempio, la collera. C’è gente che si vanta in continuazione: “Sono molto in collera con lui”. Se ne vanta. Trasformate invece quella collera in perdono, e vedrete che invece di essere voi ad avere problemi, sarà quella persona ad averne. La rabbia turberà voi, mentre il perdono turberà l’altro, automaticamente. L’arma più potente che avete è quella del perdono. E ciò è evidente in ogni aspetto del carattere di Buddha.

E ciò vi darà rispetto di voi stessi, poiché niente vi turba. Ad esempio, una nave deve saper affrontare il mare; infatti, se mettete una nave in mare e si rompe, a che serve averla costruita? A che serve un sahaja yogi che si senta turbato in ogni momento? Voi dovete essere capaci di affrontare il mare e, se ne siete capaci, niente può turbarvi. Bene. L’elefante cammina e i cani abbaiano: bene, che abbaino, che importanza ha? L’elefante guarda dall’altra parte, così, qualche volta aspira un po’ d’acqua e li “benedice” con l’acqua: “Buoni, calmatevi; in questo modo vi si rinfrescherà la testa”.

Questo vi conferirà autostima e saprete che cosa siete: qualcosa di molto più elevato degli altri. È così che potrete liberarvi dell’ego che, secondo voi, è un grande, enorme problema: “Madre, come possiamo liberarci dell’ego?” All’ego si può dire: “Vattene!”[ii]. Quando questa identificazione con l’io svanisce, il Sé si manifesta. Che motivo c’è di sentirsi feriti, che motivo c’è di rimanere male, che motivo c’è di ferire gli altri? Sì, d’accordo, vi imbrogliano; benissimo, almeno voi non avete imbrogliato nessuno, rallegratevene.

Ma quando siete privi di ego, significa che vi siete arresi; allora nessuno può ingannarvi. Riuscite a capirlo? Nessuno può ingannarvi, perché esiste una forza superiore che si prende cura di voi. È così che dovremmo intendere Buddha. Dovremmo conoscere le qualità di Buddha in noi. È così che il nostro ego può dissolversi.

Quando dite: “Madre, ci arrendiamo a Te”, significa proprio che date a questo orribile ego una completa vacanza. Significa questo. È così che questo ego scompare. Credo che adesso tutti i vostri Agnya siano aperti, in qualche modo, nella maggior parte di voi. Allora riderete di qualsiasi cosa, riderete di voi stessi e gioirete proprio di tutto.

Che Dio vi benedica.

 

Posso avere un po’ d’acqua, per favore?


[i] Siddharta Gautama, il nome di Buddha.

[ii] Gioco di assonanze fra “ego” e “you go” (= vattene) che hanno pronunce simili in inglese.