Mahashivaratri Puja (Inglese/Hindi)

New Delhi (India)

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(02/2018 SOTTOTITOLI, PARTE INGLESE)

S H R I   M A T A J I   N I R M A L A   D E V I

Mahashivaratri Puja

Delhi (India), 14 Marzo 1994


È un grande piacere che persone di tutto il mondo si siano riunite per venerare Shiva. In realtà dovremmo dire che è Sadashiva che adoreremo oggi. Voi sapete la differenza tra Sadashiva e Shri Shiva. Sadashiva è Dio Onnipotente ed è il testimone del gioco della Madre Primordiale.

La combinazione fra Sadashiva e la Madre Primordiale Adi Shakti è proprio come la luna e il suo chiarore o il sole e il suo splendore. Noi non siamo in grado di comprendere una relazione di questo genere negli esseri umani, nei matrimoni umani o nei rapporti umani. Qualsiasi cosa l’Adi Shakti crei secondo il desiderio di Sadashiva, è testimoniata da Lui. E quando Egli guarda questa creazione, la osserva interamente, in ogni dettaglio. Egli testimonia l’intero universo e testimonia anche questa Madre Terra, tutta la creazione generata dall’Adi Shakti. Il Suo potere è quello della testimonianza, e il potere dell’Adi Shakti è questo onnipervadente potere di amore.

Dunque Dio Onnipotente, il Padre, il Padre Primordiale, diciamo, esprime il Suo desiderio, il Suo Iccha shakti come Madre Primordiale, e Lei esprime il proprio potere come amore. Pertanto la relazione fra i due è di intensa comprensione, molto profonda. E qualsiasi cosa Lei crei, se Lui scopre che vi sono problemi o persone – soprattutto esseri umani – che cercano di ostacolare il lavoro di Lei, o anche gli dèi (forse nel senso di deva[1], ndt) – che non sono le deità – che cercano di manifestare il proprio ego, Egli ne provoca la distruzione. Dunque è responsabile del potere distruttivo.

Egli è riflesso nel cuore degli esseri umani; pulsa in tutte le creazioni. Ma quella pulsazione è l’energia della Madre Primordiale. E Lui può distruggere qualsiasi cosa si opponga ai piani dell’Adi Shakti. L’Adi Shakti è amore, Lei perdona e ama. Ama la propria creazione. Desidera che la creazione prosperi, raggiunga proprio quel livello per cui è stata creata. Vuole che gli esseri umani raggiungano un livello tale da entrare nel regno di Dio, nel regno di Sadashiva, dove c’è beatitudine, c’è perdono, c’è gioia.

Tutto questo è possibile soltanto se si ha il senso della ricerca, per cui si ha un desiderio innato di essere lì. Questo desiderio in noi si manifesta come riflesso della Madre Primordiale. Ora, questo desiderio esiste, ma esistono anche altri desideri mondani che arrestano il progresso della vostra ascesa.

In Sahaja Yoga non abbiamo mai provato a superare i desideri adottando il sannyasa o fuggendo di casa o facendo tutte le cose che sono state suggerite. La prima cosa che si realizza è che voi ricevete la luce del vostro Spirito. Lo Spirito è il riflesso di Sadashiva. In quella luce Egli mostra, indica il sentiero. Lo Spirito è proprio come una luce che arde e che mostra il sentiero. In quel sentiero voi stessi diventate così saggi che camminate nella luce della saggezza, camminate nella luce della rettitudine. Infatti, tutto ciò che è distruttivo viene visto attraverso la luce del vostro Spirito. Iniziate ad abbandonare tutto ciò che è distruttivo. Nessuno deve dirvi di rinunciare ad una cosa o ad un’altra. Vi rendete conto da soli che è sbagliato e che si dovrebbe abbandonare.

Direi che questa è stata la mia interpretazione degli esseri umani, poiché questi sono i giorni in cui la gente si trova completamente nelle illusioni. È sempre in conflitto, lotta persino per esistere.

In queste circostanze, tutto sarebbe fallito se voi aveste iniziato adottando il sannyasa e poi andando sull’Himalaya e tutto il resto.

Se si deve fare questo per le masse, occorre realizzare qualcosa di radicale e, fortunatamente, sono riuscita a scoprire un metodo mediante il quale voi potete ottenere la vostra germinazione, la vostra realizzazione.

Ora alcune persone che ricevono la realizzazione devono comprendere certe cose; infatti, come sapete, sono in molti ad aver ricevuto la realizzazione – non so quante, non ne tengo il conto – ma ciò che manca in loro è la resa. È imbarazzante dirlo ma è la verità.

È questa l’unica condizione del Sahaja Yoga moderno: dovete realmente arrendervi. Se iniziate ad usare il cervello, se vi mettete ad utilizzare altri metodi per comprendere Sahaja Yoga, non ci riuscite. Dovete arrendervi – così come Islam non è altro che arrendersi; Islam significa resa – e se questa resa non c’è, è impossibile stabilizzare qualcuno nel regno di Dio.

Arrendersi non significa abbandonare la famiglia, i figli, rinunciare alla casa, all’abitazione e alle vostre proprietà. Arrendersi è questo: rinunciare al vostro ego, per cominciare, e poi eliminare i vostri condizionamenti. Ad esempio, l’altro giorno ho incontrato un signore che sta soffrendo molto. Gli ho chiesto: “Chi è il tuo guru?”, e lui mi ha detto il nome di un guru. Ho detto: “Lui non ti ha fatto niente di buono; rinuncerai a lui?”. Ha risposto: “Domani”. Ed io: “Perché non oggi?”. Ha detto: “Oggi. Però devo gettare via tutte le sue reliquie. Quindi lo farò domattina”. Ed io: “Va bene, fallo”. “Che cosa dovrei gettare via, Madre?”. Ho risposto: “Getta via tutte le cose che hai utilizzato per adorarlo. Disfatene”.

Allora lui girò tutta la casa, trovò tutto quello che era stato usato per venerarlo, raccolse tutto insieme e lo gettò in mare.

E poi disse al mare: “Mi spiace, io ho sofferto molto a causa di questo individuo, adesso per favore non soffrire tu”.

Dunque, se non avete questa intelligenza molto penetrante, non potete rinunciare. Ci si attacca a quelle cose. So di molti che trovano molto difficile liberarsi dei propri condizionamenti – è più difficile dell’ego – dei condizionamenti mondani e degli schemi di condizionamenti che avete. Il primo condizionamento che abbiamo è quello di essere nati in India o in Inghilterra o in qualsiasi altro Paese.

Dopo Sahaja Yoga, ho visto che la maggior parte delle persone improvvisamente iniziano a vedere ciò che non va nei propri connazionali, nella propria religione, nei libri che leggevano. Iniziano immediatamente a vedere con chiarezza l’errore, il difetto. E tutti loro prendono in giro (i propri connazionali, ndt). Ho visto gente così in tutto il mondo.

Nessuno dice: “No, no, no, no, no, no. Poiché siamo inglesi siamo i migliori; noi siamo russi quindi siamo i migliori; oppure noi siamo indiani quindi siamo i migliori”. Scoprono immediatamente ciò che non va in loro e perché queste persone non ricevono la realizzazione.

Dall’altro lato provano una compassione tale da dire: “Madre, così tante persone non hanno ricevuto la realizzazione. Perché non dovremmo cercare di dargliela?”. Questa è la doppia azione di questa luce. Per prima cosa vi rendete conto che la luce esiste e che voi siete diventati la luce. Quindi, ovunque si diriga la vostra attenzione, iniziate a vedere la realtà e capite qual è stato il condizionamento del nostro Paese, della nostra società. E allora si aborrisce ogni cosa sbagliata, non ci si identifica mai con essa.

Ma, come ho detto, la prima cosa è la resa. Con la resa in realtà sviluppate una sorta di stato nel quale direi che diventate sannyasi interiormente. Ciò significa che niente può dominarvi: un sannyasi è una persona che è oltre ogni altra cosa. Niente può attaccarglisi. Egli semplicemente osserva le cose e sa di cosa si tratta. Può non dirlo, (ma) sa tutto e non fa niente di sbagliato. È così distaccato che solo in quel distacco può vedere cosa non va in lui. Inizia a vedere i suoi familiari, inizia ad osservare gli altri ambienti circostanti, ovunque inizia a vedere ciò che è sbagliato. E non si identifica con loro, è molto sorprendente.

L’ho constatato. Intendo dire che, quando andai in Turchia, incontrai un signore che dirigeva un grande albergo svizzero, e che venne da me di sua iniziativa a dire: “Madre, mi dia la realizzazione”. Io ero sorpresa, poiché non avevo mai visto in Svizzera una persona tanto ansiosa di chiedere la realizzazione. Era molto sorprendente che chiedesse la realizzazione in Turchia. Io gli diedi la realizzazione e lui subito disse: “Non ho intenzione di tornare in Svizzera”. Pensate!

Vedete, è così chiaro che questa luce vi dà sicuramente una saggezza e un equilibrio straordinari. Se camminate senza vedere la strada, potreste cadere. Ma se c’è anche una luce fioca potete vederla. E questo è ciò che ha fatto Sahaja Yoga: vi ha dato una piccolissima  luce. E questa piccola luce di per sé è stata sufficiente a farvi abbandonare molte cose.

Ora, l’altro aspetto è quello dell’ego. L’ego è qualcosa di molto sottile negli esseri umani. Non so dove lo raccolgano, ma lo fanno e alcuni hanno un ego così sciocco da esplodere per la minima cosa.

E si adirano molto per delle sciocchezze o, se trovano qualcuno da poter dominare, possono anche opprimere quella persona. Ora, questo ego, quando iniziate a vederlo, scoppiate proprio a ridere di voi stessi e vi chiedete: “Cosa c’è che non va in me!?”.

L’ego non è come i condizionamenti, che provengono dall’esterno; l’ego è qualcosa che nasce dall’interno. Può derivare da qualsiasi cosa. Gli esseri umani hanno ego per assurdità di ogni genere. Un giorno ho incontrato una signora che era molto superba e non sorrideva nemmeno. Io chiesi: “Che cos’ha questa signora, chi è?”. Mi risposero: “Sa fare le bambole, per questo è così orgogliosa”. Ed io: “Eh? È così orgogliosa perché sa fare le bambole?”. “Sì, vede, sa fare bambole e per questo è così orgogliosa”. Risposi: “Cosa c’è di straordinario? Chiunque può fare le bambole, che c’è di così eccezionale?”. “No, ma lei si considera molto importante perché costruisce bambole”.

E così si diventa sempre più stupidi. Questo è il primo segnale di una persona piena di ego: è così stupida che, quando le parliamo, si rimane sbalorditi poiché, senza pagare niente, si ha davanti un buffone che mette in mostra tutte le facezie delle sue buffonate. È qualcosa di davvero sorprendente, insomma, si incontra un individuo pieno di ego e voi lo guardate (sbalorditi perché dice in continuazione:) “Io ho fatto questo, io sono questo, io , io, io…”.

Allora iniziate a vedere qual è il problema in quella persona: non si vergogna nemmeno di dire cose che non andrebbero dette. Poi si passa addirittura alla vita dissoluta che conducono. Conducono una vita davvero peccaminosa, hanno una passione per le donne, bevono, e via dicendo.

E poi cominciano a vantarsi persino di quello: “Quel giorno ho bevuto così tanto, ero circondato da cinque donne”. Si vantano persino di quello. Per una persona piena di ego non esiste niente di simile alla vergogna. Continuerà a parlare delle sue insensatezze e tutti diranno: “Oh mio Dio, ma con chi stiamo parlando?”.

Inoltre, giustificano tutto ciò che fanno. Ho chiesto a un uomo: “Hai avuto un infarto così grave, perché ora bevi? Smetti di bere”. E lui: “Ma anche Kirloskar – abbiamo a Puna un uomo che mi pare ora abbia novantacinque anni – beve”. Ho detto: “Tu non sei Kirloskar e, se anche lui beve, a che serve, che vantaggio ne trae?”. “No, no, sa, lui è molto in gamba, sa, infatti beve ed ha grande successo”. “Ha forse successo perché beve?”.

Ma non esiste nemmeno un modo di ragionare normale, un ragionamento normale. E in generale, a ben guardare, se anche osservate i Paesi in cui si beve di più, non ho mai visto statue dedicate a qualcuno morto di alcolismo, mai. Non ho visto in nessun Paese lodare un uomo perché aveva dieci donne o perché è morto di alcolismo. (Almeno) finora. Non so fino a che punto possano arrivare gli esseri umani con il loro ego.

Ora l’ego si sta diffondendo ampiamente in questi tempi moderni, per cui si comincia a dire: “Questo mi piace, quello non mi piace”. “Che cosa, che cosa non ti piace?”. “Non mi piace questo tipo di sari, non m piace quel genere di vestiti, non mi piace quello”.

Ma chi siete voi? Voi non vedrete voi stessi, saranno gli altri a vedervi, quindi che differenza fa se vi piace o no? Ma è molto comune nei giovani parlare in questo modo: “Mi piace”. E questo è un segno di totale distruzione.

Infatti l’ego non è soltanto… (l’ego) vi rende stupidi. Sapete, in questi giorni vediamo come si vestono le persone e le consideriamo molto stupide, perché (dicono): “A me piace: e allora?”. Qualsiasi cosa piaccia loro, sapete… se vogliono camminare a testa in giù (diranno): “Mi piace, e allora?”. Ogni genere di stupidità può essere giustificata dall’ego.

Ma chi riceve la realizzazione, grazie a Dio, in un modo o in un altro lo vede: “Questo è il mio ego che parla”. Allora iniziano a ridere di se stessi, a prendere in giro se stessi: “Questo era il mio ego”.

Ma anche in Sahaja Yoga ci sono persone alle quali ho detto: “Perché non andate ad organizzare?”. “Madre, perché il mio ego verrà fuori”. Ho detto: “Cosa?”. “Il mio ego verrà fuori, quindi non voglio organizzare”. Come può venire fuori il vostro ego? Se voi vedete il vostro ego… supponiamo che vediate qualcosa che brucia, che lo vediate laggiù. Come potete essere coinvolti nell’incendio?

Ma è un modo molto sottile per evitare il lavoro di Sahaja Yoga, quello di dire: “No, mi verrà l’ego”. Ho detto: “Va bene, fatti venire l’ego. Lascia che arrivi e mi occuperò io di quel che accade”.

Ci sono dunque cose di ogni genere che rendono una persona proprio idiota e stupida; insomma, non so quante cose potrei elencarvi oggi. Ma ho visto che è molto comune anche nei matrimoni. Diranno: “Madre, a quel tempo ho sposato questa ragazza ma ora non credo che avrei dovuto sposarmi”. (Ho risposto:) “A quell’epoca cosa ti era successo? Perché non ti sei invece sposato in quell’altra occasione?”.

Devo dirvi queste cose perché affronto problemi di ogni genere di questo ego stupido e idiota. Occorre capire chiaramente in che modo questo ego agisce in noi e in che modo ci tiene in basso.

Quando si parla di ascesa, si parla di una vita più elevata. Dobbiamo diventare sannyasi, come il loto che emerge dallo stagno e nessuna acqua può rimanergli sopra. L’acqua non può rimanere nemmeno sulle foglie del loto.

Noi dobbiamo diventare proprio così. Non dobbiamo indossare abiti da sannyasi, niente del genere. Ma interiormente esiste una sorta di attenzione distaccata che individua immediatamente il problema dentro e fuori di voi.

E inoltre in Sahaja Yoga imparate a superarlo. È un sistema molto efficace ed efficiente. Ma, di nuovo, per ottenere ciò dovete diventare interiormente Shiva, ossia distaccati. Così come Shiva è completamente distaccato, voi dovete essere distaccati. E quel distacco vi darà la stessa saggezza che ha Shiva. Shiva osserva, anzi, Sadashiva osserva in silenzio l’operato dell’Adi Shakti. Non diventa superbo, non sviluppa una sorta di ego (tale da dire): “Ora vediamo cosa fa il mio Iccha Shakti (potere del desiderio)”, niente del genere; Egli osserva semplicemente. Ma quando si tratta di distruggere, se vede che qualcosa sta per distruggere questo lavoro, annienta e rimuove subito quell’elemento.

Noi dobbiamo essere allo stesso modo: dobbiamo considerare la nostra stessa vita come un grande campo. Come consideriamo noi stessi? Ho visto gente dire: “Oh, e allora? Io sono un sahaja yogi!”. Se siete sahaja yogi non potete parlare così. Dovete dire: “Io sono un sahaja yogi”, con le mani giunte.

Nel vostro comportamento, nel vostro modo di parlare, in ogni cosa, dovete essere persone estremamente umili. Se non è così, significa che Sahaja Yoga vi ha causato un doppio ego. Di fatto, come sapete, Shiva è noto per la Sua innocenza, per la Sua semplicità, per il Suo perdono. Egli perdona. Perdona i rakshasa; perdonerà tutti, questa è la Sua qualità. Ma non risparmia nessuno che vada contro la Madre Primordiale.

Questa è dunque la Sua qualità che occorre comprendere. Arrendersi non significa affidare le cose esteriori. Cosa c’è? Queste sono tutte pietre: che cosa affidate? Arrendersi significa purificarvi completamente, distaccarsi completamente. Il distacco è l’unico modo in cui potete ascendere. Alcuni si ammalano e fanno un gran clamore al riguardo: “Io sono malato, il mondo intero dovrebbe sapere che sono malato, malato, malato, malato, malato”. Ma se siete sahaja yogi, dovreste semplicemente osservare: “Oh, così sono malato, va bene, stiamo a vedere”.

Proprio come uno sport. Semplicemente osservate. “Sono malato, allora che succede adesso? La febbre arriva tranquillamente, ora sta scendendo”. (Si osserva con) una sorta di attenzione giocosa, allegra.

Ah, quando io sono arrivata avevo la febbre, ma non ci crede nessuno. Al matrimonio ero così stanca, ma hanno detto: “Non sembra stanca”. Ed io: ”Va bene, non sono stanca”. Anche nella vita si deve giocare allo stesso modo. È solo un gioco, e questo gioco deve essere visto attraverso la luce della saggezza. Niente è così serio; per i sahaja yogi non c’è niente di così serio. Ma loro diventano molto seri e si prendono troppo sul serio.

Ci sono molte cose che dobbiamo imparare. Quando veneriamo Shiva, lo lodiamo: “Tu sei così, Tu sei questo, Tu sei quello”. Anche quando adorate me mi lodate così: “Tu sei questo”. Io non sono minimamente consapevole di tutto ciò che mi dite. Ma voi lo dite e va bene, se lo dite va bene: “Tu sei questo, Tu sei quello”, i mille nomi di Shiva, i mille nomi della Dea, i mille nomi di Vishnu.

Questi sono i loro nomi (che recitate) per adorarli; ma che dire di voi? Quanti nomi potete avere voi? In realtà, quando nel puja recitate i nomi di queste Shakti, esse si risvegliano anche dentro di voi, non c’è dubbio.

Dopo il puja vi sentite così; però non li utilizzate (quei poteri, ndt). Ho visto molti partecipare ai puja e ottenere quel potere, quegli stessi poteri interiormente. Ma appena escono sparisce, svanisce.

Quindi, la resa ha un altro aspetto: assumere (la vostra posizione). Assumere (la vostra posizione e dire:) “Io sono un sahaja yogi e sono in grado di assorbire interiormente tutti questi poteri”.

Un aspetto è dunque la resa. Perché arrendersi? Per assorbire. Quando siete arresi assorbite automaticamente. Ma dopo aver assorbito dovreste trattenerlo, e (dovreste) assumere interiormente, rendervi conto di avere questi poteri. È qui che i sahaja yogi falliscono maggiormente.

La prima volta che accadde, nessun sahaja yogi voleva toccare nessuno o alzare la Kundalini degli altri, e via dicendo. A quell’epoca avevamo almeno cinquanta sahaja yogi.

Io dissi: “Che fare adesso? Io ho preparato questi canali e nessuno alza nemmeno un dito. Come farò a farlo funzionare?”. Davvero difficile!

Ma una volta facemmo un programma a Nasik Road, e io soggiornavo a Nasik. Dista circa trenta miglia da lì, mi pare. A metà strada la nostra automobile si guastò e non arrivava nessun’altra macchina, nessuno, nessun aiuto, niente. Non sapevo cosa fare. Ma tutti i sahaja yogi erano già arrivati (nel luogo del programma) e c’era una gran folla.

La gente cominciò a dire: “Quando arriva Mataji? Quando arriva Mataji?”. Una pressione fortissima! Allora (i sahaja yogi) dissero: “Bene, vi daremo noi la realizzazione, sedetevi”. E furono loro a dare la realizzazione.

Quella fu la prima volta in cui i sahaja yogi iniziarono a rendersi conto di saper dare la realizzazione, di essere in grado di fare molte cose. Dopo quella volta iniziarono tutti.

Si dovrebbe dunque assumere questa posizione (e dire:) “Io ho questi poteri, non ho intenzione di sprecarli, ma li userò; mi prenderò cura degli altri, non li terrò solo per me”. Questa capacità di assumere (questa posizione, questi poteri) deve subentrare.

Una volta viaggiavo in nave ed un uomo rimase rinchiuso nella cella frigorifera e prese una polmonite. Allora il capitano venne da me (e disse): “Sa, questo ragazzo ha preso la polmonite, dobbiamo far venire un medico in elicottero”. Risposi: “Capitano, io le ho dato la realizzazione. Lei è un medico”. E lui: “Chi, io?”. “Sì, lei. Ma se vuole posso scendere io”. (E il capitano:) “No, no, no, mi dica solo cosa devo fare”. Gli dissi: “Vada e metta semplicemente la mano sul cuore del ragazzo, e basta”.

Lui disse: “Io?”. (Ed io risposi:) “Sì, lei!”. Allora scese e mise la mano sul cuore del ragazzo e lui guarì. Rimase sbalordito. Mi ha incontrato ora al matrimonio ed era stupito di se stesso: “Posso fare così a tutti?”. Ed io: “Certo, certo che può!”. Ma se non assumete (i poteri) e ve ne state soltanto seduti a meditare, meditare, arrendervi… a che cosa serve?

Ora, ciò che dovete fare, dopo aver raggiunto lo stato di Shiva, è iniziare a fare il lavoro dell’Adi Shakti. Dovreste acquisire il desiderio di dover diffondere Sahaja Yoga, di farlo funzionare.

Ma state attenti: a volte potreste essere condizionati, potreste essere pieni di ego, osservate voi stessi. Sono certa che con l’osservazione potrete ottenere molto. Noi lo abbiamo fatto, alcune persone che si sono assunte questa responsabilità ce l’hanno fatta, ovunque, in ogni Paese.

Pertanto, il primo aspetto della resa è importante per raggiungere lo stato del vostro Spirito, di Shiva e Sadashiva. Ma il secondo stato è che adesso dovete pensare agli altri.

Innanzitutto si ha, come si dice in sanscrito, vyashti, ossia un vantaggio personale, si ottiene il guadagno personale. E poi diventa samashti, ossia il collettivo. Dovete farlo funzionare a livello collettivo. Gente che non ha nemmeno mai ottenuto la realizzazione, niente del genere, ha costruito organizzazioni di ogni tipo. Mentre voi l’avete ricevuta interiormente, quindi adesso è importante che trasmettiate questa luce agli altri.

[Shri Mataji continua in hindi per circa 13 minuti.]


[1] Deva è un termine sanscrito che letteralmente equivale a dèi, e che si ritrova con significati diversi nei discorsi di Shri Mataji. In alcuni discorsi pare infatti indicare le deità in senso stretto, mentre in altri indica degli esseri realizzati di elevato livello spirituale, maggiormente orientate al lato destro e dotate del controllo sugli elementi (da Lei definiti semi-dei). In altri discorsi Lei equipara i sahaja yogi ai Deva. Tutto ciò farebbe pensare che questa frase significhi che, quando Shiva vede esseri umani oppure anime realizzate che ostacolano il lavoro dell’Adi Shakti manifestando il proprio ego, a quel punto scatena il proprio potere distruttivo.