Puja di Capodanno, Cultura Indiana (Marathi/Hindi/Inglese)

(India)

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(12/2021 SOTTOTITOLI (parte inglese), traduzione verificata)

SHRI MATAJI NIRMALA DEVI

Puja di Capodanno

Cultura Indiana

Kalwe, Maharashtra (India), 31 Dicembre 1998


Prima parlerò in inglese perché ci sono tanti sahaja yogi dall’estero. Mi è stato chiesto di parlare oggi della cultura indiana, poiché Bombay è il luogo in cui la cultura indiana sta scomparendo: questo è quanto si dice.

Io però non credo sia così, perché le radici di questa cultura sono tanto profonde che non la si può abbandonare così velocemente.

Le persone provenienti da altri paesi devono rendersi conto che questa nazione non ha avuto una vera e propria religione, infatti non c’è stato un testo sacro, non si è seguita una persona, non è esistita un’organizzazione come è avvenuto per le altre religioni, non abbiamo mai avuto una gerarchia, un clero o tutte queste nomine: tutto è stato fatto molto spontaneamente. Tutto ha funzionato in modo molto spontaneo.

Ma, come vi ho già detto, dietro tutto questo vi era l’attitudine degli indiani, il nostro stile, ossia non dubitare né mettere in discussione ciò di cui hanno parlato questi grandi santi. Noi infatti abbiamo (sempre) accettato la loro posizione di santi, di personalità più elevate per consapevolezza, riguardo all’ascesa loro erano superiori a noi. Pertanto non abbiamo (mai) voluto sfidarli ed abbiamo accettato tutto ciò che hanno detto. Di conseguenza questo è diventato un comportamento, uno stile di vita.

Non abbiamo avuto niente di simile ad una religione (strutturata), finché in seguito non si è sviluppato il sistema delle caste. Prima non esisteva un sistema delle caste, infatti coloro che scrivevano di Shri Rama o Shri Krishna non erano bramini. È molto sorprendente come abbiamo accettato tutto questo senza mettere in discussione se fosse stato scritto da un bramino o no.

Un braminoè colui che conosce il principio di Brahma, il principio dell’Amore divino onnipervadente. Non tutti erano bramini, ma successivamente fu stabilito che chiunque fosse nato in una famiglia di bramini era un bramino, e chiunque nascesse in un’altra casta apparteneva a quella.

Si ereditava dal padre anche la professione. Pertanto le religioni, anzi, le caste furono stabilite in base alla professione; non le religioni, ma le caste.

Ed è per questo che abbiamo avuto diversi sistemi di caste in India a seconda della professione. È molto interessante. Di recente ho scoperto l’esistenza di una casta fra i marathi chiamata Ghadani, che forse non conoscete. Loro credono soltanto nell’arte. Fanno musica o dipingono, creano statue, erigono templi: questa è una casta, una professione.

E si sposano fra loro perché è più semplice sposarsi all’interno della stessa professione e seguire le stesse idee e stili di vita e, soprattutto, la professione.

Successivamente, oltre al fatto di rappresentare diverse professioni, (il sistema delle caste) iniziò a diventare un’idiozia molto consolidata. Insomma, ritengo che gli inglesi ne abbiano fatto ampio uso per separarci gli uni dagli altri.

Anche l’esistenza della schedule caste (dalit, intoccabili) non era qualcosa di rigido. Abbiamo avuto santi come Chokhamela ed altri, che erano anche molto rispettati e stimati. Anche Ekanath, Namadeva hanno tutti cercato di essere un tutt’uno con tutte le caste, specialmente con la schedule caste.

La santità era quindi considerata come una casta a parte, diciamo, che non credeva in nessuna casta. (I santi) non avevano nessuna casta, erano senza casta e senza religione.

Il fine ultimo di ogni casta era, comunque, quello di ottenere la realizzazione del Sé. Allora si entra nel clan, nel sistema dei santi: e tutti i santi, che fossero musulmani, indù, giainisti o altro, erano tutti messi insieme in quanto santi, così come esistevano i sufi. I sufi erano di tradizione musulmana, fra i giainisti vi erano poi i tirthankara. Il punto principale era che essi credevano in una vita etica, nell’etica, in una vita più elevata, in una vita spirituale e vivevano secondo questi canoni.

Ormai, essendo tutti voi sahaja yogi, avete perso la vostra religione, la vostra casta, avete perso ogni cosa. Siete sahaja yogi. Siete yogi, ossia coloro che credono nell’aspetto etico della vita. In questo paese tutto questo è stato utilizzato ed anche sfruttato per ragioni politiche, per sottoporre la gente ad ogni sorta di segregazione.

E si sono create idee talmente rigide su ogni persona, su ogni casta, che la prima cosa che si domandava – non ora, prima – era: “Qual è la tua casta?”. Adesso è finita, non lo chiedono più, grazie a Dio almeno c’è quel po’ di buon senso di non chiedere quale sia la casta di appartenenza. Prima però si domandava quale fosse la religione e la casta di appartenenza prima di un esame o di un concorso.

Ormai gradualmente sta scomparendo, ma i politici vogliono usare il sistema delle caste come metodo per creare maggioranze e opposizioni. Ritengo che questa democrazia non ci sia molto utile, perché in democrazia chiunque può creare un’organizzazione dicendo di appartenere ad una casta o ad un’altra.

E quando anche in questo paese fu creata la Costituzione, è molto sorprendente che Ambedkar1 avesse richiesto di istituire un privilegio per la schedule caste per quarant’anni. Mio padre era presente e disse: “No, possono esserci soltanto due tipi (di cittadini), quelli che possiedono qualcosa e quelli che non hanno niente”. Farebbe una gran differenza avere come unico criterio di distinzione il fatto di possedere o non possedere averi. Anche in altri paesi hanno questa organizzazione, per cui si fa fronte alle necessità delle persone che non hanno nemmeno il minimo per vivere, invece di creare caste.

Ora, c’è un tizio di nome Mandal2 che ha creato un grave problema al nostro paese. Da studente aveva una propria macchina, conduceva una vita molto lussuosa, e lottava per alcune persone considerate bisognose (Shri Mataji ride). E tante cose sbagliate sono state fatte a causa del rapporto che lui ha stilato. Se costui avesse operato questa distinzione corretta, assennata ed etica in questo paese, le cose sarebbero andate molto meglio.

Invece, questo paese soffre molto a causa del problema di aver creato caste artificiali.

E la casta dei guru, quella dei sufi, diciamo, o dei santi, è molto corrotta ed abbiamo avuto tanti individui nel nostro paese che si sono messi a fare i guru o altro.

Ma la cosa principale era l’etica che è sempre stata la cultura di questo paese, l’etica, adhyatma. Si pensava che senza di essa gli esseri umani sarebbero stati peggiori degli animali.

L’etica era importantissima per ogni casta, per ogni persona. Quando ero giovane io era ancora così; ora però è diventato un tale miscuglio e un tale problema che, se Sahaja Yoga non si diffonderà veramente, non credo che la condizione di questo paese potrà migliorare.

L’essenza di tutto è che, quando l’attenzione è indirizzata soltanto all’etica e adhyatma (spiritualità), si comincia a scoprire tutti i significati interiori più profondi della vita. Fate funzionare tutto in modo diverso, risolvete tutto in modo molto diverso.

Se si desiderano guadagni materiali, si può diventare come l’America. Anche se si inseguono desideri di basso livello, non si può essere indiani.

I principi della vita indiana erano radicati nella spiritualità, nella moralità. Una persona immorale era considerata di bassissimo livello, non poteva sposarsi, non aveva posto nella società e nemmeno nella propria casa, nella propria abitazione. Vigevano queste restrizioni al fine di mantenere pura la società, e gente simile era reietta dalla società.

Anche chiunque bevesse vino o altro era considerato non dharmico, adharmico. Riuscite a crederci? Bere era considerato adharmico.

Penso che in pochissimi debbano aver visto degli ubriaconi, e capitava solo per strada.

Quando sono andata in Russia mi hanno chiesto come si dicesse da noi “Alla salute” (“cheers”). In Russia si dice “cheerio”, non “cheers” (“alla salute”). Io ho risposto: “Salute per che cosa?” “Per bere! Che cosa si dice a tavola (quando si beve alcool)?”. Ho risposto: “Noi non beviamo mai a tavola, in India non si fa”.

Almeno, io non so se qualcuno lo faccia, ma è un’abitudine molto, molto occidentale quella di sedersi a tavola davanti ai propri figli e mettersi a bere apertamente dicendo: “Salute!” Immaginate. Ma “salute” per che cosa? Per perdere coscienza? Per diventare stupidi? Per cacciarsi nei guai?

Ma lì è diventata una pratica comune. Se qualcuno della famiglia muore si beve, ci pensate? Se qualcuno nasce in famiglia si beve. Questa intera cultura è dunque così negativa che in questo paese non lo farebbero nemmeno i peggiori. Qualcuno beveva in segreto e andavano per strada.

Poi è subentrata l’influenza islamica. E, sorprendentemente, mentre nell’Islam bere è proibito, è assolutamente vietato, per reazione hanno cominciato tutti, ma soltanto i Nawab3 e via dicendo. A causa loro, essendo persone al potere, hanno iniziato anche gli altri.

Tuttavia, bere per festeggiare qualcosa non è ancora una usanza sociale. Insomma, nell’organizzazione cattolica offrono persino alcolici in chiesa e producono (una bevanda alcolica detta) Benedictine. Immaginate. È una tale perversione della religione.

Anche in India hanno iniziato a fare assurdità di ogni genere nei templi ed altro, non v’è dubbio; ma la filosofia indiana lascia completa libertà e si può fare quello che vuole.

Ma non si può fare nel nome della religione, non si può fare nel nome di Dio, non in un tempio. Diversamente i responsabili saranno cacciati fuori e citati in giudizio, insomma, estromessi completamente. In questo modo si mantiene la purezza.

Abbiamo avuto casi terribili di azioni orrende commesse contro il dharma, ma si è dovuto cancellare tutto questo completamente. Perché? Perché la gente non lo voleva, non le piaceva.

Mi hanno detto che a Ganapatipule stanno offrendo in segreto alle persone una specie di birra. Ma se il governo ne verrà a conoscenza, sarà vietata. Insomma, tutto ciò che è puro deve essere mantenuto tale.

Anche Cristo prese in mano una frusta e si mise a colpire i mercanti che commerciavano nel tempio. La purezza di una chiesa o di un luogo religioso deve essere preservata. La prima cosa, penso, fosse la purezza.

L’altro giorno ho visto qui che c’era un ragazzo che doveva sposarsi. È molto sorprendente: erano tutti molto benestanti, molto ricchi, c’era tutto. Ma hanno scoperto che aveva già una fidanzata e il fratello della ragazza ha tentato di pugnalarlo. Per lui è finita, gli sarà impossibile sposarsi in questo paese. Forse potrà trovarsi una ragazza straniera, non so cosa faranno. Ma se aveva già una fidanzata, così, apertamente, per lui è finita.

Le restrizioni dunque sono provenute dalla società, una società fondata sull’etica. E tutti questi valori etici penetrano fino al livello più basso, ovunque. Sfortunatamente, purtroppo però, adesso (in India) stanno arrivando altre culture e siamo considerati piuttosto rigidi, molto rigidi (ride), per cui dovremmo davvero rilassarci un po’ e dedicarci ad altre cose.

Ma devo dirvi che, se si oltrepassano i limiti dell’etica, in qualsiasi direzione, l’unica salvezza per tornare alla normalità è Sahaja Yoga, non esiste altro modo.

E una volta entrati in Sahaja Yoga non potete deviare dal sentiero del dharma. Se ci provate, uscite da Sahaja Yoga. È così semplice. Non è questione di: “Va bene, non importa, Madre dovrebbe perdonare” e cose simili. Io perdono, d’accordo, perdono perché in voi persistono ancora alcune debolezze umane. Io perdono.

Ma non potete venire in Sahaja Yoga. Sahaja Yoga deve mantenere la sua purezza. Se permettete a tutta questa gente di entrare in Sahaja Yoga, la purezza di Sahaja Yoga svanirà e allora tutti si metteranno a fare una cosa o un’altra, solo per dire: “Dopotutto noi siamo sahaja yogi, anche loro sono sahaja yogi: e se lo hanno fatto loro, perché non noi?”.

Ciò che mi sorprende davvero è che gli occidentali che si sono dedicati a Sahaja Yoga lo seguano scrupolosamente.

Con scrupolosità. Come sapete, io non sono un Guru molto severo. Ma loro comprendono una cosa, che l’etica è per il nostro miglioramento, è per la nostra crescita, è un aspetto fondamentale della nostra vita. Deve esserci. E una volta che lo hanno capito, vi dico, sono sorpresa di come questi occidentali – nonostante abbiano visto i loro genitori bere ed altra gente, compresi gli amici, fare di tutto – smettano completamente. Io sono molto fiera di loro.

Per noi indiani è naturale (essere dharmici), perché siamo stati cresciuti così. Abbiamo sempre visto come si correggesse (chi sbagliava) e, insomma, naturalmente il bere era fuori discussione. Ma anche se qualcuno guardava una ragazza, insomma, il padre stesso lo rimproverava dicendo: “Ti cavo gli occhi!”. Ecco perché gli occhi (degli indiani) rimangono stabili e, non so come, ma noi, normalmente, non ci comportiamo come loro (occidentali).

Intendo dire che se qualcuno è stato all’estero, pensa che lì la gente sia molto libera e si chiede perché non possiamo fare così anche noi, è molto diverso, ma di solito noi non crediamo in queste cose.

Naturalmente in India abbiamo delle cosiddette elite, che credono in ogni sorta di comportamenti elitari – non so proprio cosa significhi – forse alcuni hanno iniziato a seguire dei comportamenti insensati, soprattutto a Bombay. Ora si stanno diffondendo anche a Puna. Ci sono a Puna delle ragazze che si comportano in modo strano, insomma, non riesco a crederci: bevono, fumano, sono diventate ragazze squillo. Riuscite ad immaginare? Tutto questo è accaduto perché non so quale sia la loro idea della vita, magari cercano di imitare un’attrice o qualcun’altra. Ma che cosa c’è di speciale nella vita di un’attrice?

Quando si adottano comportamenti immorali scendendo a compromessi con il proprio sistema di valori, dove si va a finire?

E i risultati si vedono: esiste l’AIDS, vi sono tante malattie che provengono da questo tipo di vita insignificante e immorale. Sta succedendo ovunque, per suggerire che si dovrebbe condurre una vita molto normale, una bella vita familiare fatta di obbedienza e comprensione.

Ma in Occidente, a causa della grande libertà di cui si gode, è difficile accettare ciò; quando però gli occidentali sono entrati in Sahaja Yoga, sono davvero sorpresa, sono davvero stupita di come lo abbiano accettato meravigliosamente.

Loro hanno avuto la libertà, la completa libertà di fare tutto ciò che volevano. In India non concediamo così tanta libertà ai bambini: lì possono andare ovunque vogliano, fare tutto ciò che vogliono e gli insegnanti non possono correggerli. Ma a causa di questa libertà che hanno avuto, è successo qualcosa di buono: tanti si sono persi, è vero, ma quelli che sono stati salvati sono persone di rara bellezza interiore.

Grazie a questa crescita della libertà in loro sono in grado di imparare la musica indiana in soli cinque mesi, penso, o quattro. Nessun indiano può riuscirci perché è stato sempre limitato, è stato sempre controllato, è stato ‘tenuto’ sulla via della religione. Quindi, alla fine, la libertà che alcuni di voi (occidentali) hanno avuto e di cui hanno goduto, ha conferito loro una personalità speciale, grazie alla quale imparano senza alcun problema cose molto difficili. Ora, è affar vostro (stabilire) se si debba avere o meno tanta libertà; io però ritengo che non sia positivo imporre troppe restrizioni ai bambini.

E proprio per quanto riguarda la musica, so che quando Ravi Shankar era un giovane (studente), il suo guru gli ruppe la tampura in testa perché aveva sbagliato una nota, swara. Riuscite ad immaginare?

Erano soliti picchiare i discepoli, legarli a testa in giù, calarli nei pozzi, insomma, facevano di tutto, e i discepoli si sottoponevano a tutta questa disciplina. Ci pensate? Credo però che tutto questo abbia represso la capacità di assorbire cose difficili.

Questo è uno dei motivi per cui noto che ciò è accaduto e gli occidentali hanno imparato questa musica così complicata in quattro mesi, in tre mesi. Noi lo consideriamo un miracolo. Ma perché questo non succede anche agli indiani? Qualsiasi cosa facciate fare agli occidentali, la imparano molto rapidamente. Ritengo che si debba concedere assoluta libertà a chi è nato in Sahaja Yoga. A questi bambini si dovrebbe lasciare piena libertà, perché non faranno niente di sbagliato. E vedrete che impareranno tutto molto velocemente.

Non che gli occidentali siano più intelligenti o più vigili, ma è per come hanno avuto libertà, per come sono cresciuti, per la loro personalità. A volte mi pare sembrino dei vagabondi, a volte (le ragazze) dei maschiacci, altre volte hanno un aspetto molto volgare; ma quando accade che, con tutta quella libertà, arrivano alla Realtà, risplendono.

Chiederei dunque anche agli indiani di non reprimere troppo i loro figli. In India gioiamo molto dei bambini, non v’è dubbio, ma li reprimiamo anche parecchio: “Perché stai in piedi? Perché non ti siedi?”. E i bambini non ci badano perché questo è il comportamento comunemente accettato in India.

Ma anche l’eccessiva severità reprime la loro personalità, questo è ciò che ho scoperto.

Gli occidentali attraversano prima l’inferno, sviluppano una quantità di problemi e, alla fine, ciò che accade è che possono essere rigettati in quanto individui ignobili, indegni, spregevoli; ma se si mantengono retti, bravi, validi e arrivano (in Sahaja Yoga, ndt), sono meravigliosi. Tutta la libertà di cui hanno goduto prima mostra i risultati; altrimenti come potrebbe avvenire un simile miracolo per gli occidentali? Non c’è spiegazione.

Il problema ora è: concedere o no la libertà? Ora, dopo la realizzazione, abbiamo una corretta comprensione di un bambino nato realizzato. All’inizio non sarà in grado di capire, non capirà, ma gradualmente mostrerà i risultati e la massima capacità di assorbimento e di espressione.

Oggi dunque vi sto parlando di questa libertà che è la libertà dello Spirito. Dovremmo comprendere questi bambini che hanno in sé la spiritualità. Hanno in sé il dharma. E noi non dovremmo cercare di costringerli o tormentarli. Lasciateli fare ciò che vogliono.

Non faranno mai niente di sbagliato, perché sono nati realizzati.

Sto parlando degli indiani di domani; ho visto che alcuni di loro, bambini di sei, otto anni, sono dei geni, vi assicuro.

Quando cantano si ha la sensazione che degli antichi musicisti siano rinati. È davvero sorprendente come mostrino il loro talento. Ho visto un programma in televisione di bambini sotto gli otto anni e una bambina di tre cantare proprio come Hirabai Barodekar4. Ero stupefatta.

Sono nati realizzati, ma si portano anche dietro i talenti delle loro vite passate, ereditati dalle vite precedenti.

Dovremmo dunque cercare di non controllare troppo i nostri bambini, ciò fa parte della nostra cultura Sahaj. Devo dire che questo atteggiamento non è conforme alla cultura indiana, ma dovrebbe adeguarsi alla cultura Sahaj per capire il valore dei nostri figli, che sono anime realizzate. Io gioisco della loro compagnia, parlano in modo molto dolce di ogni cosa e di ogni persona e raccontano di tutti con grande dolcezza. Concedete loro la libertà di parlare e vi diranno una quantità di cose.

Oggi penso di avervi lodato molto, voi stranieri, diciamo, che non siete indiani. Ed è un dato di fatto: il modo in cui si sono dedicati a Sahaja Yoga è notevole. Ma non riesco a credere al modo in cui si stanno dedicando alla musica e all’arte indiana, non riesco davvero a crederci, non riesco a capirlo.

Avete dunque la libertà, ma ora usatela per esprimere tutto ciò che avete ottenuto in Sahaja Yoga. Infatti voi siete già cresciuti nella libertà, ma se non userete questa personalità libera per esprimere Sahaja Yoga nella vostra lingua, non sarete di aiuto alla vostra gente.

Dovete aiutarla, perché in percentuale siete pochissimi, ma la vostra qualità è elevata.

Nel vostro paese, però, in percentuale siete pochi. Pertanto dovete fare di tutto per portare le persone in Sahaja Yoga e far sì che comprendano ciò che possono ottenere e ciò che sono. Ritengo che ne abbiate il dovere.

[Shri Mataji parla in marathi per circa venti minuti]

Discorso in inglese:

Oggi è Capodanno, quindi sto dicendo agli indiani di decidersi adesso a non sottoporre i bambini nati realizzati ad alcuna pressione dovuta alla vostra cultura. Non sono d’accordo su questo aspetto. La cultura dell’amore è la cultura di Sahaja Yoga. Certo, la cultura indiana ha radici molto profonde, è molto bella, tutto; ritengo però che si debba dare un po’ di nutrimento, un po’ di acqua di amore agli alberi di questa grande cultura.

Finché non la userete, non cresceranno.

È così che possiamo scambiarci reciprocamente alcune belle qualità.

Sarò molto felice di veder crescere tutti questi bambini nati realizzati per diventare i santi di questo paese, e lo stesso con gli occidentali. Anche loro dovrebbero rispettare i loro figli, amarli, concedere loro tutta la libertà necessaria per la loro crescita, invece di limitarla sempre. Se si tagliano in continuazione gli alberi, essi non cresceranno mai, e loro si basano sui fondamenti naturali di Sahaja Yoga.

Questa cultura indiana è grandiosa, devo dire, ma le manca un aspetto che è l’acqua dell’amore. Anche i guru, oh mio Dio! Ho sentito parlare di come trattavano i discepoli. Ho detto: “Lasciate che questi guru vadano all’inferno, chi se ne importa”. Mentre quelli che non vogliono tormentare saranno soddisfatti se si dà loro del denaro. Con il denaro sono soddisfatti, non vi picchieranno e non faranno nulla.

Ci sono solo due tipi di guru: quelli che vogliono prendere denaro e sfruttare, e quelli che vogliono trattare i discepoli come non so cosa. Sahaja Yoga è nel centro. è nel centro.

È quello che fa sbocciare tutti correttamente e comprendere il valore del loro potere, il valore della loro libertà. E se questo accadrà, dovreste rispettare (questi principi) anche per la generazione più giovane che sta crescendo. Che Dio vi benedica tutti.

[Shri Mataji parla in hindi per circa quattro minuti]


1 Bhimrao Ramji Ambedkar (Mhow Cantonment, 14 aprile 1891Delhi, 6 dicembre 1956) è stato un politico, filosofo, giurista, attivista buddhista, pensatore, antropologo, storico, oratore, scrittore prolifico, economista, studioso, editore, rivoluzionario e revivalist per il buddhismo indiano. È definito anche “padre della Costituzione Indiana“, perché fu presidente del comitato di redazione della carta costituzionale che disciplina l’Unione indiana.

Superando ostacoli sia sociali che economici Ambedkar divenne uno dei primi Dalit in India a raggiungere una educazione superiore. Avendo infine conquistato una laurea in legge e vari dottorati in legge, economia e scienze politiche, sia alla Columbia University che alla London School of Economics, Ambedkar si guadagnò una buona reputazione come studioso e giurista che poi sfruttò nelle sue campagne stampa per la promozione dei diritti politici e libertà sociali per quelli che allora venivano chiamati “intoccabili”.

2 Mandal, Bindeshwari Prasad, Politico indiano (Murho, Bihar, 1918-Patna 1982). Figlio di un ricco proprietario terriero di casta Yadav, fu parlamentare nel 1967-70 e nel 1977-79, e chief minister del Bihar nel 1968. Durante il governo di Morarji Desai guidò una commissione con l’incarico di studiare misure atte a migliorare le condizioni di gruppi socialmente arretrati. Nel rapporto finale (1980) veniva indicato, sulla base delle identità castali, un elenco di Other backward classes (OBC) cui lo Stato avrebbe dovuto riservare fino al 27% del pubblico impiego, in aggiunta al 25% già previsto per le scheduled castes e scheduled tribes. Queste proposte furono attuate dal primo ministro V.P. Singh nell’agosto 1990. Il drastico restringimento delle prospettive di lavoro dei giovani di casta media e superiore suscitò accese proteste e un’ondata di suicidi. Nel settembre la Corte suprema decise di sospendere l’attuazione del Mandal report; seguirono altri pronunciamenti fino a quello del 2008, in cui si stabiliva che dalla politica dei posti riservati alle OBC dovesse rimanere escluso un creamy layer da identificare sulla base di criteri economici.

3 Viceré, principi musulmani.

4 Hirābai Barodekar (1905 – 1989) è stata una cantante di musica classica Hindustani.